Governo

Berlusconi: “non tradisco Monti”

Ugo Magri per La Stampa
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Candidamente Berlusconi ammette che, se volesse far cadere il governo, oggi come oggi gli mancherebbe un pretesto. E Monti sarà pure agli occhi suoi l’ Usurpatore, tuttavia al momento «sta agendo con prudenza e credo sia difficile avanzare critiche fondate» nei suoi confronti. Per cui, tornando indietro al giorno delle dimissioni, il Cavaliere le ridarebbe nuovamente, «le ragioni sussistono ancora». Parole accompagnate dal voto di fiducia sul «milleproroghe» che l’ ex-premier reca personalmente al governo. E viene da chiedersi, allora, come mai nei giorni scorsi avesse fatto immaginare il contrario manifestando pubblicamente scontento, ipotizzando addirittura in privato elezioni a maggio. Dalle sue parti spiegano che i motivi sono tre. 

Il primo motivo si chiama Bossi. Il leader della Lega domenica scorsa aveva lanciato un aut-aut, «a casa Monti o a casa Formigoni», praticamente una pistola puntata contro gli ex-alleati del Pdl. Dove non l’ hanno presa bene, anzi con il suo ultimatum Bossi ha ottenuto l’ effetto contrario. E ieri come se nulla fosse ha peggiorato la situazione accusando Silvio di essere «una mezza calzetta che ha paura» di far cadere il governo. Mezza calzetta a Berlusconi non l’ aveva ancora detto nessuno. Sdegno del segretario Pdl Alfano, «non facciamo né accettiamo provocazioni né ultimatum». Tra l’ altro: se la Lega silurasse Formigoni in Lombardia, per vendetta il Pdl potrebbe fare altrettanto con Cota in Piemonte e nel Veneto con Zaia… Le uscite dell’ Umberto spingono Berlusconi a separare, semmai, le rispettive strade. «Esistono le ragioni della convenienza e quelle della responsabilità», scuote la testa il Cavaliere. E lui, lo difende il portavoce Bonaiuti, «fin dall’ inizio di questa vicenda ha scelto le seconde». 

Berlusconi sotterra l’ ascia di guerra per altre due buone considerazioni. Anzitutto, sussurrano a Palazzo Grazioli, le forze che si scatenarono contro di lui in autunno tornerebbero all’ assalto se solo Silvio si azzardasse a tirar fuori la testa. Meglio lasciar perdere, almeno adesso. E poi, il Cavaliere è stato molto lavorato ai fianchi da quanti nel Pdl considerano il governo Monti un autobus. Diretto dove? Verso la nascita del Partito popolare europeo, sezione italiana. Passando attraverso un patto di alleanza elettorale con l’ Udc. 

Non è mistero che Alfano ci stia lavorando sodo. E’ andato lunedì dalla Merkel, presentato da Frattini. E direttamente da Berlino i due hanno telefonato ad Arcore per riferire il giudizio tutto sommato benevolo della Bundeskanzlerin («Berlusconi ha il merito storico di avere fatto chiarezza nella politica italiana, creando un’ alternanza che prima non c’ era. Bene il suo appoggio al governo»). II Cavaliere, avido di riconoscimenti, ne è stato lusingato e confortato nella linea filo-Monti. 

Tra gli «sminatori» Pdl, che cercano di agevolare il cammino del Professore, c’è sicuramente Cicchitto. Non è sfuggita la discussione molto accesa in piena Aula con il collega di partito La Russa, che gli rinfacciava di aver dato una mano a cancellare le multe ai partiti per i manifesti affissi fuori posto. «Non potevamo essere i soli a difendere l’ illegalità», ha reagito il capogruppo, mandato a quel paese dall’ ex-ministro. L’ episodio è la punta dell’ iceberg. Specie gli ex di An (ma pure alcune «pasionarie» berlusconiane) non vedono l’ ora di galoppare insieme con la Lega nelle praterie dell’ opposizione. Berlusconi, in una delle solite riunioni notturne, ha provato a calmarli («No alla crisi ora, perderemmo la faccia; Bossi tornerà con noi, sono assolutamente sereno…») .

Però il fossato tra le due anime si va allargando al punto che circolano sondaggi di quanto prenderebbero Forza Italia e gli ex di An, se corressero alle prossime elezioni divisi. Si allunga sul partito l’ ombra di una scissione. C’è chi già rinfaccia ad Alfano la prossima batosta alle amministrative («Su 28 capoluoghi ne perderemo 23»), e chi non vede l’ ora di divorziare («La Russa e gli altri tornino pure a fare i missini, l’ intesa con Casini sarà più semplice»).


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