Ci sono posti nel mondo dove la persecuzione delle minoranze religiose è diventata ormai un passatempo. Luoghi in cui si fatica a vedere un impegno concreto dei governi per sradicare l’intolleranza e allo stesso tempo punire severamente chi la pratica. Ma ci sono anche luoghi nati ed edificati sul rispetto della diversità: l’Europa ad esempio. Dove il vessillo delle libertà fondamentali sventola orgoglioso sui palazzi delle istituzioni europee, mentre si ammaina sui tavoli che decidono e a cui spetterebbe un immediato intervento nelle parole e soprattutto nei fatti.
Il Pakistan, la Nigeria, l’Iraq, la Siria da un lato, e l’Europa dall’altro. Da una parte Stati in cui con una consuetudine quasi rituale alcune comunità partecipano a gesti di violenza inaudita contro le comunità cristiane – da ultimo il caso di una coppia di cristiani pachistani bruciati vivi perché accusati di blasfemia.
Dall’altra le istituzioni europee che possiedono competenze molto chiare sui principi di rispetto e tolleranza delle minoranze, ma che faticano a schierarsi in maniera netta contro queste vere e proprie azioni che negano i valori della civiltà umana, e ancor meno sono orientate – nei casi più gravi verificatisi – ad interrompere il dialogo con alcuni Paesi partner, o ad inserire forti condizioni per l’ulteriore collaborazione.
A tacere sono anche i leader musulmani e le autorità di Kot Radha Kishan, una città a 60 chilometri da Lahore, dove sono stati arsi i due cristiani e dove in quel non lontano 2 marzo del 2011 addirittura un membro di governo, l’allora ministro per le minoranze religiose, l’indimenticabile Shahbaz Bhatti, pagò con la propria vita il fatto di professare in una religione “diversa” da quella della maggioranza. Troppo sangue e poche reazioni. Il martirio continua: codardi contro innocenti. E nell’assordante silenzio di tutti coloro che dovrebbero esporsi è già ripartita la clessidra che presto segnerà una nuova vittima.
Franco Frattini