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Elezioni

Fotografia dell’Italia elettorale fra spinte alla spesa e giochi tattici

Stefano Folli per Il Sole 24 Ore
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A destra incertezza totale con Berlusconi che lascia intravedere il ritiro. Pensioni, tutti d’accordo Ecco una fotografia veritiera che illustra come i politici si preparano alle elezioni. 

Da un lato c’è il tentativo trasversale di smussare gli angoli della riforma Fornero; o meglio di «addolcire il salto», come dice Cesare Damiano, esponente del Pd esperto di temi del lavoro. Qualcuno dice che si vuole semplicemente smontare la riforma delle pensioni ed è significativo che l’iniziativa di legge sia sostenuta in piena concordia da tutti i maggiori partiti. 

Dall’altro lato, continua il curioso «reality» in cui si consuma la crisi del centrodestra. Inutile meravigliarsi quando Alfano annuncia che Berlusconi «potrebbe anche non candidarsi», se appena s’intravedesse un federatore dell’area moderata. Era da tempo che l’ex premier lo lasciava intendere, tant’è che il suo «ritorno in campo» e la tentazione di un nuovo scossone al Pdl (l’azzeramento, il nome ripensato, la lista civica eccetera) erano prove di debolezza, non di forza. 

Adifferenza dei suoi seguaci più ostinati, Berlusconi si rende conto di non poter puntare ancora su se stesso, come ha fatto per circa diciotto anni. Se davvero fosse costretto a candidarsi per mancanza di alternative, sarebbe per lui una drammatica sconfitta. Di conseguenza prova – e non è la prima volta- a ritagliarsi un ruolo di padre nobile dietro le quinte, il che è abbastanza inverosimile data la nota esuberanza del personaggio. Ma in ogni caso occorre dare prima un nome e un cognome all’identikit del successore. E qui si torna al punto di partenza in quanto il rebus è senza soluzione. 

Ricapitoliamo. La «coesione» della non-maggioranza, per la quale ha speso parolebenevole il presidente del Consiglio, si manifesta con particolare slancio nello sforzo di controriformare le pensioni, nonostante la parziale mancanza della copertura fmanziaria. E uno dei casi in cui la conflittualità fra i partiti si annulla e il bersaglio comune diventano i «tecnici» al governo. Il che conduce a una doppia conclusione. Primo, lascia capire cosa realmente intendono le forze politiche quando parlano di «agenda Monti» da preservare. Secondo, indica in quale clima si svolgeranno le elezioni, peraltro ancora molto lontane: dopo dieci mesi di rigore e di austerità, i partiti vogliono rivolgersi all’opinione pubblica con un linguaggio più tradizionale, cioè con il linguaggio della spesa. 

Tutto questo avrebbe un senso se fosse stato messo a punto un progetto alternativo alla linea Monti. Ma non è così: sulle pensioni i partiti si danno la mano l’un l’altro, ma sanno di non poter uscire dalla cornice europea. Quindi la contraddizione è totale: si rischia di trasmettere il messaggio sbagliato all’Unione, senza sapere con precisione verso quale approdo dirigersi. Il punto di rottura è che la cosiddetta «Italia moderata», cioè la vasta platea che ha sostenuto il Pdl negli ultimi anni, è oggi disgregata.
I richiami a Casini perché torni a volgersi al centrodestra per ora sono troppo di maniera e strumentali per garantire un risultato: sembrano parte di un gioco tattico, piuttosto che l’inizio di una prospettiva. In realtà la strada per riunire i segmenti sparsi ci sarebbe: è il Partito Popolare europeo, come suggerisce Franco Frattini. La crisi del centrodestra può ricomporsi solo in Europa, a meno di non voler inseguire le frange anti-sistema e anti-euro. Ma anche per guardare al Ppe ci vuole serietà e una classe dirigente credibile.


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