Intervista

Franco Frattini: Monti? Sì, il premier può rimanere ancora lui

Stavolta apriamo una nuova prospettiva politica, senza cedere all’emergenza come fu a novembre
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Intervista a Liberal

di Errico Novi

«L’importante è che ci sia un’indicazione da elettori e partiti. Ma tutto dipende dalla legge elettorale”   «Ci sarà una campagna elettorale in cui ciascuno proporrà le proprie soluzioni. Ma tutti, tra le forze politiche serie, dovrebbero avere nel programma una linea di continuità con gli impegni presi da Monti».  
Franco Frattini, ministro degli Esteri nel precedente governo, non ha dubbi. Non ne ha neppure sull’idea che l’attuale premier possa anche riassumere l’incarico dopo il voto, ma a una condizione: «Che si tratti del risultato di una scelta della politica, non di una investitura emergenziale».  

In ogni caso, osserva Frattini, è anche sul terreno della continuità che è necessario rispondere ad aggressioni come quelle delle agenzie di rating. Presi alla lettera, i declassamenti indurrebbero alla disperazione.  Condivido l’analisi svolta da Monti ad Aix-en-Provence, davanti a una platea di investitori internazionali. L’Italia non merita affatto uno spread di 400 punti, se ne potrebbero giustificare 150 o 200, ma soprattutto non merita un giudizio di fragilità. Oltre che al debito, bisogna guardare al patrimonio che il sistema Italia possiede. In più, Moody’s dimentica che al fondo salva-Stati l’Italia partecipa con 40 miliardi di euro. Versiamo all’Europa più di quanto prendiamo, rappresentiamo il 17 per cento del Pil. Certi giudizi non si fondano su dati concreti, scontano una rete mista di pregiudizi, interessi speculativi e incertezze sul quadro politico. E la risposta non può che essere ancora una volta più Europa. Anche con un’agenzia europea di rating. Che magari l’inattesa pugnalata di Moody’s può incoraggiare. Il Parlamento italiano, con larghissima maggioranza, ha indicato nella creazione di un’agenzia di rating europea uno degli strumenti necessari per una maggiore integrazione.   

Lei comunque, tra i “moventi” di Moody’s non sottovaluta il pregiudizio. Può incoraggiarlo l’indecisione sulla continuità di un’esperienza come quella dell’attuale esecutivo, pure così apprezzato?  La soluzione del governo dei tecnici presieduto da Monti è non solo la migliore ma l’unica che avrebbe potuto consentire di far ripartire l’Italia. I leader dei partiti che sostengono questo esecutivo lo riconoscono.

Monti è l’uomo di governo più considerato oggi in Europa, uno dei più ascoltati sulla scena internazionale. Parla ai grandi della comunicazione e dei media a Silicon Valley, dove non ci sono altri leader europei. Ho visto l’accoglienza riservatagli ad Aix-en-Provence, dove ho avuto l’onore di essere invitato al panel delle migrazioni ma dove ho potuto osservare con che calore sia stato accolto Monti. Di questo in Italia c’è consapevolezza, non accetteremmo soluzioni così dolorose se non fossimo certi che esse sono davvero per l’interesse dell’italia.  

Ma dopo il voto?  È chiaro che ogni partito spera di vincere le elezioni. C’è intanto una prima variabile: il modello elettorale. Abbiamo una convergenza tra alcuni partiti della coalizione, Pdl e Udc, su preferenze e sistema proporzionale, con un serio sbarramento e un piccolo premio non per la coalizione ma per il partito che vince. Non per incoraggiare alleanze forzate. Il senso non è quello di riprodurre le coalizioni forzose del passato. Posso dire solo una cosa, prima delle elezioni: auspico un risultato di governabilità, quindi bisogna lavorare su una legge che consenta di formare coalizioni dopo il voto.

Secondo, mi piacerebbe che tutti i partiti seri, non penso al partito di Grillo per intenderci, abbiano nel programma la continuazione degli impegni assunti dal governo Monti con l’Europa e con il resto del mondo. Stiamo per ratificare Fiscal compact: vorrei suonasse molto chiaro che chiunque vinca si debba impegnare a che l’Italia quel patto lo mantenga. Aggiungo un solo corollario: aggredire il debito, non solo il deficit, per portarlo sotto il 100%, in modo da poter abbassare le tasse. È un punto che mi attendo sia sviluppato nei prossimi mesi.  

Dopodiché ci si potrà chiedere: chi sarà il migliore interprete di una linea fatta di più Europa, rispetto degli impegni e meno debito? Ovvio che non lo possiamo dire adesso. Tutti conoscono la grande stima che nutro verso il presidente Monti, ma fare oggi degli azzardi lo danneggerebbe, come lui stesso sa bene. A parte le naturali distinzioni della campagna elettorale, serve dunque un obiettivo comune. Se potessi suggerire uno slogan sarebbe questo: facciamo il tifo per l’Italia e per questo vogliamo più Europa. Dopodiché, in campagna elettorale è legittimo dire delle cose. L’importante è che gli impegni presi non si toccano  Tutti gli investitori chiedono: che succede nel 2013?  In Provenza ho dato la stessa risposta e le annotazioni sui taccuini erano soddisfatte. 

Lo stesso Monti probabilmente dichiara esaurita nel 2013 la fase del suo governo per rispetto del gioco democratico.  Certo, lo dice perché è rispettoso della democrazia, ha una sensibilità istituzionale che lo porta a dire: questo governo di tecnici finisce a primavera del 2013. Ma il bene dell’Italia non finisce a marzo. Non possiamo pensare che in primavera l’Italia sarà fuori dalla situazione difficile in cui si trova.  

Ma si può dire che l’ipotesi di un Monti presidente del Consiglio nel 2013 non è un affronto alla democrazia?  Sì, metterei però un corollario per rispetto a Monti e per rispetto delle regole del gioco: lo può essere certamente come risultato di una scelta della politica, non come una investitura emergenziale che tutti noi abbiamo accettato per il bene dell’Italia. Lo può certamente essere, ma come risultato di una determinazione del voto degli italiani e di scelta della politica. Un’esperienza emergenziale bis vorrebbe significare il fallimento del gioco dermocratico. E io non mi rassegno a un fallimento simile. 


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