Nel febbraio 2007 il Presidente russo Vladimir Putin teneva il suo memorabile discorso alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza, mettendo in guardia dai rischi di un mondo unipolare e dall’allargamento della Nato. Sono passati 15 anni. Cosa direbbe oggi a proposito?
Quindici anni dopo il mondo è molto cambiato, perché gli Stati Uniti hanno capito che un mondo unipolare non era possibile. Questo lo hanno capito perché la crescita enorme della Cina, dell’India e anche direi della Russia in questi anni ha reso necessario un multipolarismo e una nuova collaborazione che probabilmente nel 2007 il Presidente George Bush Jr. non voleva.
Certo, ci sono dei problemi per quanto riguarda le questioni di sicurezza. Anche quelle oggi sono molto cambiate. Faccio solo un esempio. Nel 2007 la Cina era un Paese totalmente neutrale. Oggi, con la Shangai Cooperation Organisation, a cui aderisce anche la Russia, è certamente quella parte dell’Asia che sta facendo investimenti militari molto importanti. La Cina ha delle situazioni di grande difficoltà come Taiwan con il Pacifico e così via. Quindi è cambiato molto nel senso di una necessità di collaborazione multilaterale. Su questo il Presidente Putin aveva ragione nel 2007 a dire che dobbiamo superare l’unipolarismo, cioè questa visione per cui gli USA sono il poliziotto globale che sistema tutto quanto.
Quanto all’allargamento della NATO è una questione antica. Noi, Paesi della NATO, abbiamo deciso a suo tempo che non era il momento per l’allargamento alla Georgia. Perché? Perché c’era una situazione di crisi, c’erano dei territori contestati che erano pretesi dalla Russia e invece anche dalla Georgia stessa. E tutti sanno che lo Statuto della NATO non permette di far entrare Paesi che hanno in corso delle situazioni di contestazione grave sui territori. E quindi l’Ucraina che rivendica la Crimea e le province dell’Est ha dei problemi dentro casa. È una situazione che deve prima essere risolta e poi si vedrà.
Non è certamente una buona ragione dire che la NATO stia arrivando in Ucraina. La NATO evidentemente ha una funzione di deterrenza e di contenimento. La conclusione è che tra la stessa NATO e la Russia, a mio avviso, deve ricominciare un dialogo non ancora ai massimi livelli, ma un dialogo. La riunione di poco tempo fa del Consiglio NATO-Russia che nacque qui in Italia a Pratica di Mare è stato un segnale molto importante. Quindi io penso che l’unico modo per evitare queste accuse reciproche sia quello di parlarsi. Vedo che il Segretario di Stato degli Stati Uniti Antony Blinken e il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov si parlano, si consultano. Questo è l’unico modo che riesce a prevenire un’escalation della crisi e penso che sia solo questa la strada giusta.
L’attuale tensione in Europa legata alla situazione intorno all’Ucraina genera serie preoccupazioni. Come, a Suo parere, è possibile risolvere questa acuta crisi nei rapporti tra la Russia e l’Occidente?
Il problema sull’Ucraina può essere risolto solo con un dialogo costante che per ora sta coinvolgendo singoli Paesi. Per esempio la Francia di Emmanuel Macron è molto attiva, ma anche l’Italia con il Presidente Mario Draghi che ha avuto conversazioni al telefono con Putin anche di recente. E la tesi dell’Italia l’hanno espressa in questi giorni in Parlamento i Ministri degli Esteri e della Difesa: noi siamo per il dialogo con la Russia, ma ci aspettiamo che la Russia non compia dei gesti pericolosi.
Tutti dicono che la Russia vuole invadere l’Ucraina. Io non credo che voglia invadere l’Ucraina, ma occorrerebbe qualche segnale di rassicurazione. Se no, torniamo agli anni della Guerra fredda in cui tutti schieravano le truppe e poi, per fortuna, nessuno sparava la bomba. Ma se succede l’incidente, magari sul confine, qualcosa di grave può succedere.
Ho letto un’intervista di un consigliere del Presidente Putin che dice: “Sono follie quelle che noi vogliamo invadere l’Ucraina”. Io penso che la Russia non abbia nessuna voglia e soprattutto nessuna convenienza ad invadere quei territori. Perché chiaramente alla Russia interessa: in primis, a non essere assorbita dalla Cina in una alleanza unilaterale in cui alla fine chi comanda rischia di essere solo la Cina; e secondo, ha interesse a dialogare con l’Occidente, perché il tema dell’energia ad esempio, rende indispensabile quel dialogo.
Non credo che Putin stia pensando ad un’azione militare di invasione dell’Ucraina. Penso che per risolvere questa crisi senza che nessuno perda la faccia, come si usa dire, occorre che ciascuno dia un messaggio di dialogo. Putin ha dato dei messaggi di dialogo, Macron ha ritenuto di farlo in modo molto chiaro, la NATO previdentemente fa un altro mestiere, poi ora il Segretario Generale sta andando via e quindi sostanzialmente il ruolo della NATO lo vedremo in pieno col nuovo Segretario, con la nuova struttura. Io penso che Paesi di buona volontà come la Francia, l’Italia, come la stessa Germania lo capiscano perfettamente, ma devo dire anche che lo stesso Segretario di Stato americano e la sua vice Wendy Sherman finora si sono rivelati negoziatori che preferiscono il dialogo all’azione violenta. È ovvio che qualche minaccia nei negoziati e nei rapporti un po’ difficili ci può stare pure. L’importante è che le minacce non diventino realtà, questo è il punto essenziale.
La Russia ha sollevato la questione della necessità da parte dell’Occidente di concedere delle garanzie giuridiche di sicurezza. Una delle richieste chiave è di non consentire un ulteriore allargamento della NATO. C’è la speranza che i paesi occidentali vengano incontro alla Russia?
Abbiamo già parlato dell’ulteriore allargamento della NATO. È chiaro che la NATO non si può impegnare per il futuro a qualcosa. Attualmente la situazione è bloccata da molti e molti anni ed è bloccata semplicemente perché i requisiti per entrare nella NATO sono requisiti molto stretti. Quindi tutti questi Paesi che dicono che potrebbero diventare membri della NATO, non hanno i requisiti per entrare nell’alleanza.
Io credo che la garanzia occidentale può essere che nessun Paese occidentale e la stessa NATO non contribuirà all’escalation. Questa può essere una garanzia. Come ha detto lo stesso Presidente americano Joe Biden in tutti i suoi discorsi, oggi la vera preoccupazione è la Cina, non è la Russia. La Russia ci dà qualche problema, qualche preoccupazione, certamente sul tema dell’Ucraina, sul tema della sicurezza energetica, ma ne abbiamo sempre parlato.
Quindi venire incontro alla Russia può voler dire garantire che da parte occidentale non ci saranno azioni ostili. Certamente ci sono i segnali che mettono in guardia la controparte, sia la Russia, sia la parte occidentale. Ma questo non deve mai diventare azione. Finché se si lanciano dei messaggi, si dice: “Attenzione a quello che fate!” questo sta nella logica di rapporti che oggettivamente adesso sono un po’ complicati. Ma questo non vuol dire assolutamente togliere le garanzie di sicurezza. Per una ragione: se poi la tensione diventa azione militare, poi ci rimettono tutti quanti. E non è immaginabile nemmeno lontanamente una guerra in territorio del continente europeo. Perché la Russia non è Unione europea, ma è sicuramente una significativa parte del continente europeo. E il continente europeo non può essere attraversato da azioni militari. Questo è sicuro.
L’Italia potrebbe giocare un ruolo nella normalizzazione dei rapporti tra la Russia da un lato e l’UE e la NATO dall’altro, come ha menzionato il Presidente Putin a dicembre alla conferenza stampa di fine anno?
L’Italia già ora gioca un ruolo per normalizzare i rapporti. Prima di tutto il Presidente Draghi ha detto con chiarezza che noi con la Russia vogliamo continuare il dialogo, dialogo strategico su alcuni temi: il terrorismo, la collaborazione su certi temi economici, la stabilizzazione del Medio Oriente, il Mediterraneo, la Libia. La Russia ha un ruolo importantissimo in Libia e noi riteniamo la Libia priorità italiana importante…
Quindi l’Italia ha un ruolo e dice sempre che il dialogo coi russi e con la Russia ci deve stare. Questo lo diciamo sia bilateralmente, sia dentro l’Unione europea. Penso che questo ruolo continuerà ad essere giocato. Sia il Ministro degli esteri Luigi Di Maio, sia il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini hanno detto in Parlamento: Noi abbiamo delle “linee rosse”, certo. Se la Russia invade con i suoi soldati le province dell’Est dell’Ucraina, questo non è assolutamente immaginabile, né accettabile. Ma la Russia ha detto più volte che non ci pensa nemmeno, addirittura che è una follia questa ipotesi e che non accadrà mai.
Posso dire, noi lavoriamo perché questo non accada mai. Questo è il punto importante su cui l’Italia è in un certo senso il ponte tra l’Occidente, l’Unione europea e la Russia.
Cosa pensa oggi del Formato Normandia? E ancora efficace o deve essere cambiato?
Il Formato Normandia è un forum che deve essere rafforzato politicamente, cioè tutti quelli che ne fanno parte devono avere più volontà politica, perché altrimenti finisce che Putin vede personalmente Biden, poi vede Macron, poi magari vede Draghi. Invece occorrerebbe che quel gruppo diventi un gruppo politico più forte. Purtroppo ha perso un pochino lo slancio che aveva all’inizio. Questa è la verità. Adesso va bene che Putin veda Biden, Macron, Draghi o qualcun altro, però occorrerebbe una struttura più forte per questo dialogo.
Le sanzioni economiche rimangono una degli strumenti principali per esercitare influenza da parte dell’Occidente verso la Russia. Anche ora si sta preparando un altro pacchetto di sanzioni, talvolta definite “infernali”. Come valuta questo strumento politico?
Le sanzioni economiche sono uno strumento di pressione e certamente lo strumento di pressione scatta se ci sono violazioni gravi. Nel momento in cui ci fosse una escalation con un’invasione o con incidenti gravi, questo non si può escludere. Io ho detto sempre che sono contrario a una politica basata sulle sanzioni, preferisco una politica basata sul dialogo. Quindi prima di parlare di nuove sanzioni nei confronti della Russia, noi dobbiamo cercare di eliminare le cause di questi problemi.
Faccio un esempio. Se il Presidente Putin oltre all’Italia, desse garanzie sulle forniture di gas all’Europa (che in parte ha anche dato), sarebbe un gesto molto apprezzato, perché chiaramente molti europei dipendono dalle forniture del gas russo. Sarebbe bello che il Presidente russo dicesse: “Le nostre forniture di energia, che sono state date fino a ieri non solo all’Italia ma ad altri Paesi europei, continuino ad essere date agli stessi Paesi”. Quindi evitare le distinzioni tra amici e non amici. Questo sarebbe un gesto di visione, di leadership, di strategia che in Europa sarebbe molto apprezzato. Io spero che la cosa si risolverà con una ripresa piena delle forniture di gas, non solo all’Italia ma anche ad altri paesi europei.
Nel momento in cui c’è bisogno del gas russo è difficile che mettano delle sanzioni contro la Russia. È tutto un equilibrio della diplomazia.
Secondo Lei sarà possibile nel futuro prossimo premere di nuovo il “reset button”, come hanno fatto nel 2009 Sergey Lavrov e allora Segretario di Stato Hillary Clinton?
Quando noi abbiamo creato il gruppo NATO-Russia che è diventato poi Consiglio permanente erano anni molto difficili nei rapporti tra l’Occidente e la Russia. Perché all’epoca era il primo tentativo di mettere le basi missilistiche vicino a Kaliningrad, nel cuore dell’Europa. E pure, anche se quello era un momento molto difficile, poi da quello abbiamo fatto un reset e siamo andati al senso contrario, cioè al dialogo.
Io credo che dipenda dalla volontà politica delle due parti. Penso che il Presidente americano abbia la volontà di impegnarsi, perché, ripeto, lui ha problemi di politica interna e problemi con la Cina. Per quale motivo dovrebbe tenere un fronte aperto anche con la Russia, che magari sul Medio Oriente e sul Mediterraneo può essere d’aiuto? Da parte del Presidente Putin ho sentito dichiarazioni molto positive e ora bisogna che la diplomazia da quelle dichiarazioni faccia arrivare un reset vero.
Quello sarebbe un tentativo che presupporrebbe che tutte e due le parti siano garanti, s’impegnino davvero che non ci siano né incidenti, né provocazioni. Ci vuole certamente un po’ di tempo, però credo che dopo gli incontri di Ginevra si possa fare qualcosa in quella direzione. Sarebbe bello per la sicurezza di tutti.
Tirando le somme, si sente ottimista al riguardo dell’attuale situazione internazionale?
Io credo che più che essere ottimista, oggi noi dobbiamo fare di tutto perché prevalga la pace, il dialogo e la collaborazione. È un nostro dovere come Paesi, come gruppi di Paesi, perché non possiamo permetterci nel territorio del continente europeo un conflitto, un’escalation, una tensione. Non possiamo permetterci una nuova Guerra fredda. Quindi è chiaro che è un obbligo di tutte e due le parti. Io non so se ci riusciremo. Voglio essere ottimista. Si dice in Italia “ottimismo della volontà”: impegnarci, fare di tutto perché il, nostro ottimismo si realizzi. Questo sarebbe la cosa migliore.