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Frattini: con l’elezione diretta blind trust obbligatorio e totale

Se passa il presidenzialismo, è giusto rivedere la legge sul conflitto di interessi
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Se passa il presidenzialismo, è giusto rivedere la legge sul conflitto di interessi rendendola molto più stringente. Nel senso di prevedere un blind trust sul modello americano: assoluto e con impossibilità di ritornare in possesso del patrimonio originario. 

Parola di Franco Frattini, l’ex ministro degli Esteri e della Funzione Pubblica, autore dell’unica normativa esistente su quel fronte. 

Dunque la condizione preliminare è il via libera al semipresidenzialismo. La convince la road map del governo? «Il metodo è quello giusto, quello declinato assieme al capo dello Stato: non riforme tampone bensì una riscrittura complessiva del sistema di governance. Il presidente Letta è partito con il piede giusto, e con lui i ministri Quagliariello e Franceschini. Una riforma organica, dunque, che tocchi la forma di Stato con un sistema presidenziale e federale al tempo stesso. Inoltre il presidenzialismo porta con sè una riforma del sistema di governo per garantire tempi certi alla governabilità: dunque fine del bicameralismo perfetto. Si crea un Senato federale che non dà la fiducia all’esecutivo ma che diventa arbitro delle materie concorrenti tra Regioni e potere centrale. Tutto si tiene, insomma». 

Ma cosi non si stravolge la Costituzione vigente? «Il presidenzialismo, cioè l’elezione popolare di un capo dello Stato che sia al tempo stesso responsabile dell’esecutivo, mi pare sia del tutto compatibile con l’equilibrio democratico dei poteri stabilito nella nostra Costituzione». 

E secondo lei l’Italia è pronta per una riscrittura così radicale delle regole del gioco? Non c’è il pericolo di intaccare il sistema democratico? «Ho visto che le forze politiche si stanno mostrando pronte, e soprattutto nella sinistra riformista, quella genuinamente socialdemocratica, questa percezione ormai è chiara. E cioè che l’Italia è matura per una riforma semipresidenziale. Naturalmente ad un intervento del genere occorre affiancare due altri capitoli. Il primo attiene direttamente al presidente della Repubblica eletto dal popolo che è anche capo del governo: una rivisitazione della legge sul conflitto di interessi; il secondo riguarda una legge elettorale che dia stabilità al Parlamento in modo che la sera stessa delle elezioni si sappia chi è il presidente ed un Parlamento eletto con un sistema uninominale a doppio turno. Così i cittadini saprebbero con assoluta chiarezza chi governa e chi è all’opposizione per tutta la legislatura. Questo pacchetto complessivo di riforme così articolato è l’unica strada per evitare il rischio di un intervento tampone». 

A suo avviso i 18 mesi che, d’intesa con Napolitano, il premier Letta ha indicato sono un tempo congruo o, in realtà, è un termine velleitario? «Penso siano un tempo congruo, che rende credibile lo sforzo riformatore in atto. Evidentemente abbiamo la necessità di accelerare la messa in funzione della Commissione dei 40 e del comitato di esperti che affiancherà il presidente del Consiglio. Penso che proprio l’esigenza di impedire provvedimenti tampone suggerisca di evitare sia l’accelerazione eccessiva dei tempi, che può portare a risultati non desiderati, sia l’eccessiva diluizione. Per intenderci: se si dicesse facciamo tutto in sei mesi, non sarebbe un impegno credibile e idem se invece si dicesse che serve un’intera legislatura. I diciotto mesi indicano una scadenza possibile e affidabile». 

Fu lei a portare all’approvazione la legge sul conflitto di interessi. Se passa il presidenzialismo bisogna cambiarla? E come? «Io penso questo: se davvero arrivassimo all’elezione diretta del presidente della Repubblica, dovremmo bilanciare quello che potrebbe essere un eccesso di leaderismo, un sentirsi cioè meno legato all’obbligo di ogni servitore pubblico: mettere davanti a tutto l’interesse pubblico e non quelli privati. Si dovrebbe aprire un confronto. A mio avviso la strada migliore è quella di un blind trust obbligatorio e totale. Perché il sistema americano prevede l’assoluta cecità del trust e l’impossibilità di ritornare al patrimonio originario? Proprio perché il presidente degli Usa è eletto direttamente dal popolo e assolutamente non può sentirsi legibus solutus, ossia non soggetto alla legge. Una norma aggravata sul conflitto di interesse è il reminder al presidente eletto che sì è eletto dal popolo ma prima ancora di quella elezione ci sono regole da osservare non scritte per lui ma per chiunque vada al Quirinale. Non mi pare invece praticabile la strada, come precondizione della candidatura, dell’obbligo di vendita forzosa del patrimonio».

Intervista a Il Messaggero
di Fusi Carlo


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