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L’ex Ministro: «Occorre diventare produttori di sicurezza: finora ci pensava solo lo Zio Sam». di Francesco Romanetti
E ora, con chi stare? Con l’’ Americano, il«bullo» che strappa gli impegni sul clima, che si sfila dagli accordi di Parigi, che al G7 spinge via il premier del Montenegro perconquistare la prima fila (sul web è diventata virale la parodia «Scansite moro»…), che non mette le cuffie, nemmeno per pura cortesia, per ascoltare la traduzione dell’’intervento di Gentiloni, che fila via da Taormina senza neanche un incontro con la stampa? O con la Tedesca, la macchinista della locomotiva di un’’ Europa a due velocità, la «ministra-ombra» dell’’Economia di tutti (più o meno) i governi europei, che ora dice che dell’«amico americano» non ci si può più fidare? Insomma, con Trump o con Merkel? Ne parliamo con Franco Frattini, ex ministro degli Esteri con Berlusconi, ex commissario europeoper la sicurezza. E, da sempre, atlantista convinto. Onorevole Frattini, Angela Merkel è stata chiara nel prendere le distanze da Trump. Dice in sostanza che di lui non ci si può fidare e che l’’ Europa deve ora prendere il «suo destino nelle sue mani». Lei come la vede? «Mi sembra che sia stato lanciato il messaggio che molti attendevano. Io stesso, quando diventò presidente, sostenni che l’’elezione di Trump era la scossa di cui l’’Europa aveva bisogno. Oggi noi dell’’Unione Europea abbiamo necessità di trasformarci in produttori di sicurezza e stabilità. Fino ad oggi invece siamo stati consumatori di sicurezza. Insomma, ci pensava lo Zio Sam. Ora non è più così». Si profila una ridefinizione dei rapporti tra Europa e Stati Uniti. Semplificando: lei sta con Trump o con Merkel? «Con l’’ Europa, non c’è dubbio. E per un’’Europa che sia più forte, ma non certo contro gli Stati Uniti. Trump ha ragione quando dice che l’’impegno europeo per la difesa deve essere maggiore». Trump è stato anche molto rude nel ripetere che, secondo lui, gli alleati europei devono spendere di più per la Nato… «Le cose sono due: o spendiamo di più per la Nato o di più per una difesa europea. Le parole della Merkel mi fanno capire che il suo è un invito ad andare verso questa seconda direzione. In sostanza, possiamo non pagare tanto per la Nato se nel contempo mettiamo in piedi una vera difesa europea. Penso alla moltiplicazione di battaglioni internazionali, come quelli che già esistono: dell’’Italia con la Francia o dell’’Italia con la Spagna. Forme di integrazione sono già avvenute con i contingenti europei in Iraq e in Afghanistan. E ricordo poi la vicenda dei Balcani, quando fu attivato il “gruppo di contatto” e la missione militare Eufor». Trump sembra muoversi senza tatto sulla scena internazionale: qualcuno ha parlato di “bullismo diplomatico”. Non crede che questo sia oggettivamente un problema anche per gli alleati europei degli Stati Uniti?«Indubbiamente Trump ha necessità di imparare anche certe regole della diplomazia. Ma è circondato da personaggi, come il segretario di Stato Tillerson, che potranno essere per lui di buon esempio. Nella sua prima uscita al G7, Trump si è comportato come lo abbiamo visto in campagna elettorale. Certi tratti del suo carattere dovranno cambiare, ma non è dal carattere che si può giudicare un presidente degli Stati Uniti. Io sono stato a Ryad, dove ho potuto ascoltare il miglior discorso di Trump. E lì non si sono avvertite frizioni. Trump a Ryad ha rinsaldato alleanze, perché ha bisogno di alleati nel mondo arabo, nella lotta contro il terrorismo. Ed ha riscosso un successo». Anche lì, però non è che tutto sia stato limpido. Trump punta a costruire “un fronte sunnita” in chiave anti – Iran. Ma lo ha fatto stringendo un patto con l’Arabia Saudita e con quegli stessi paesi accusati di aver finanziato e armato l’Isis.«È vero. Ma credo che Trump abbia voluto fare questo gesto per costringere certi governi arabi ad uscire dall’’ ambiguità rispetto al terrorismo. E penso che abbia fatto bene, puntando ad un fronte sunnita anche per affrontare la questione siriana e libica».
In questo modo collaborerà con monarchie assolute e tirannie che appoggiano il terrorismo. «È una scommessa. E in diplomazia bisogna fare scommesse, anche azzardate. Il Qatar è sospettato di finanziare i gruppi islamisti di Tripoli. Ma ha inviato i suoi aerei in appoggio della coalizione impegnata in Libia. Una “Nato sunnita”, d’’altra parte, può voler dire un po’ di disimpegno per l’’Occidente in certe aree del mondo». Torniamo allo scontro fra Trump e la Merkel e l’’Europa. E a quello che sottende. Le differenze sul clima sono le più clamorose, ma non le uniche. Usa ed Europa parlano ormai lingue diverse? «Ci sono dissensi sul governo dei flussi migratori e divergenze su come interpretare il protezionismo e il libero mercato. Certamente Trump ha problemi con la Ue su questioni che non capisce e o non condivide. Lui pensa a relazioni bilaterali, con i singoli Paesi europei e non ad un rapporto con l’’Ue. D’altra parte, al G7 la presenza del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e del presidente della Commissione Jean Claude Juncker, deve essergli apparsa irrilevante. E lui ha affrontato singoli temi con singoli leader. Da parte sua, Merkel ha parlato da leader europea, tirando verso di sé Macron, giovane presidente emergente. E poi c’’è l’’Italia, che ha interesse a far parte della “pattuglia di testa” dell’’Unione europea e che può avere un ruolo insieme con Francia e Germania, che coinvolga poi anche Spagna e Polonia. Per questo dico che ci sono le condizioni per essere più autonomi, per costituire una strategia di difesa comune».