Intervista a “Il Mattino” di Luciano Pignataro
Franco Frattini non ha dubbi su cosa fare: «Autorizzare i nostri Droni a usare i missili». Per l’ ex ministro degli Esteri ed ex Commissario europeo alla Sicurezza, adesso presidente del Sioi (Società Italiana per l’ Organizzazione Internazionale), l’Italia non può restare ferma in questo momento così delicato.La nostra politica estera sembra subire l’ iniziativa della Francia così come è avvenuto in altre occasioni. È proprio così secondo lei?«No. È ben chiara a tutti la posizione italiana e di come sia decisa la nostra determinazione politica di aderire alla colazione antiterrorismo» Dall’ aderire al via libera vero e proprio c’ è uno bel salto. Lo stiamo facendo?«L’Italia ha qualcosa da mettere sul piatto e di cui non si parla troppo, come se fosse qualcosa di scontato: i nostri soldati nelle missioni estere sono quasi il doppio di quelle dei tedeschi, giusto per fare un esempio. Da anni contribuiamo concretamente in aree difficile con ben 6.000 militari. Noi questo impegno non lo valorizziamo in maniera adeguata: per esempio in Libano il nostro è un ruolo importante e delicato perché siamo responsabili di una delle zone di crisi più importanti».
D’ accordo, ma il cuore della questione non è certo il Libano in questo momento.
«No, però pensiamo a potrebbe succedere se non ci fossero i nostri militari».L’ impressione è che comunque in Siria e Iraq siamo poco presenti militarmente e politicamente.«Anche questo non è esatto. Noi abbiamo sin dalla caduta di Saddam un ruolo chiave e determinante nell’ addestramento dei peshmerga curdi che sono coloro i quali concretamente combattono sul terreno. Un ruolo riconosciuto qualche giorno fa dallo stesso Obama».
Si tratta solo di valorizzare quello che facciamo già?
«Intanto ci siamo ritagliati un compito che non è quello di combattere, ma non di preparare chi lo fa. Però possiamo fare di più, come dare contributi tecnologi armati. Penso ai droni, ma per questo serve in via libera dal Parlamento».
Renzi non si spinge sino a questo punto per timore di finire in minoranza?
«Qui abbiamo una difficoltà della politica. Con questa situazione, sia nel a destra che a sinistra, non credo ci sarebbe il clima di unità nazionale che ho visto in Francia e Germania. Il governo ha problemi a destra con la Lega e la stessa Forza Italia, ma anche a sinistra».
Ma la nostra politica estera non rischia di apparire così appiattita su quella americana?
«In alcuni casi sì, per esempio le sanzioni alla Russia sono state un errore grave, e dalle recenti parole di Renzi capisco che anche lui se ne rende conto. Ma per esempio in Siria noi sosteniamo che la caduta di Assad non può essere precondizione di accordo siamo in dissonanza con gli Usa. Il mio timore è che noi restiamo indietro su questo fronte».
Facendo un appello all’ unità nazionale il governo potrebbe spuntarla in Parlamento? E con quali proposte?
«Il governo deve sostenere il valore aggiunto delle missioni all’estero con la possibilità di armare i droni senza impegnare “i piedi sul terreno”. Francia e Germania producono sicurezza: noi non possiamo solo consumare sicurezza».
Quali rischi concreti vede per l’ Italia e l’ Europa dopo le stragi di Parigi?
«Condivido le parole di Mattarella: gli europei non si sono coordinati neanche dopo gli attentati. Abbiamo il paradosso che il Pnr (Passenger Name Record, Registro Dati dei Passeggerila banca dati) funziona tra Europa e Usa ma non dentro l’ Unione. Salah si è mosso perché non c’ era scambio di informazione e non perché non si sapesse cosa stesse facendo. Salah è stato fermato alla frontiera dopo gli attentati ma non lo hanno trattenuto».
Perché non si è fatto nulla in questi anni?
«L’ obiezione è la privacy! Obiezione assurda perché il diritto alla vita molto vale di più del diritto alla vita».
Resta il fatto che questa guerra al terrorismo si inserisce in un contesto di grandi processi migratori come da un secolo non si vedeva
«Papa Francesco lo ha detto chiaramente, i cambiamenti climatici, la povertà, l’ emigrazione sono degli elementi di tensione, è una guerra mondiale a pezzi e adesso tutto il mondo è in guerra».
Una guerra di cui prendere atto
«In prospettiva, la prima cosa da fare è annientare lo Stato Islamico, la formazione di una coalizione internazionale è l’ unica cosa davvero urgente. Serve però anche la voce dell’ Islam che ci deve dire chi è davvero mussulmano e chi non lo è. Ma in questo momento il fattore militare, non quello culturale, resta quello importante e decisivo».
Una domanda che le fanno sempre: non è stato un errore abbattere Gheddafi e i regimi mediorientali che ci garantivano stabilità?
«Secondo me l’ errore non è stato abbattere Gheddafi e questi regimi che in cambio di stabilità calpestavano i diritti umani, ma aver abbandonato questi paesi dopo la loro caduta».