BOLZANO. «C’è un errore che molti a Roma possono essere indotti a fare in questo momento, ed è ripensare all’autonomia sull’onda della crisi finanziaria. Se non si è lucidi e si ragiona solo col bilancino si faranno danni irreversibili…». Lucido lo è sempre stato Franco Frattini. «È freddo, bello e nessuno è capace di muoversi come lui tra commi e sottocommi», aveva detto Berlusconi prima di nominarlo ministro degli Esteri.
“Il secchione” (copyright degli amici del liceo Giulio Cesare) è stato più ministro che parlamentare, passando dalla segreteria della presidenza Ciampi a quasi tutti i governi dal ’95 al 2011 prima di fare il commissario europeo, tornare al Consiglio di Stato ed accumulare un numero indefinito di presidenze. Ma ha sempre l’Alto Adige nel cuore (non alla Urzì) da quando qui è stato eletto alla Camera
E la Svp, che errore può fare? «Chiudersi. Dire soltanto: siamo il meglio. Non è vero. Anche la Svp salva partito e autonomia se si apre. E si apre soprattutto all’Europa e al cambiamento. Fortunatamente per lei l’era Durnwalder è finita, come l’epoca del faccio tutto io. Anche la Provincia deve tirarsi su le maniche e cambiare registro…».
La crisi delle regioni sta trascinando nel baratro anche le autonomie… «È uno dei fattori scatenanti dell’antipatia che sta travolgendo gli enti territoriali. Le regioni ordinarie, o almeno alcune di loro, hanno mostrato di non tenere in gran conto che la gente si sente più povera».
E l’Alto Adige? «Anche l’Alto Adige tra scandalo dei vitalizi, ricorsi, rinvii a giudizio di presidenti, condanne ad assessori e acquisti al sexy shop da parte di consiglieri ci ha messo molto del suo. Non deve solo lamentarsi, deve chiedersi perché è successo e perché non ci si è fermati prima».
Ma gli scandali sono una delle ragioni della cattiva stampa, vero? «È così. Ci sono stati anche fatti strutturali e non solo scatenanti. Mentre l’impoverimento delle casse dello Stato spingeva il governo a colpire duro le regioni ordinarie, gli accordi con Calderoli e Tremonti hanno garantito una certa tenuta. E gli altri a dire: ecco i privilegiati. Ma non è bastato, perché i tagli ci saranno e anche Bolzano traballa».
È un rischio reale allora che l’autonomia possa essere provvisoria? «È un rischio solo se si fa l’errore di guardare alle cose sull’onda emotiva della crisi. In realtà l’autonomia altoatesina è qualcosa che prescinde dall’economia. Ha ragioni storiche e strategiche sulle quali non si può scherzare. Ci sono le garanzie per le minoranze linguistiche che fanno parte non del momento contingente ma della civiltà giuridica del nostro Paese».
E poi i trattati. «Che non sono solo da rispettare così, per generica coerenza. La provincia di Bolzano ha un ruolo di ponte tra Italia e mondo germanico con una collocazione geostrategica che tocca da vicino gli equilibri europei. Su queste cose non si gioca. Se ci mettessimo a porli in discussione così, per risparmiare due lire, si creerebbero solo danni».
E dunque anche i tagli ai finanziamenti sono un rischio? «L’autonomia è un costo e ha bisogno di finanziamenti certi. Anche Bolzano deve contribuire ai risparmi generali, i suoi deputati non possono stare a Roma facendo credere di venire da un altro mondo. Ma troppi tagli significa mettere in discussione la stessa struttura degli equilibri continentali».
Ai quali la Svp non guarda spesso con la dovuta attenzione, no? «E infatti l’antidoto per curare il mal di autonomia non è la continua protesta o gridare al lupo, al lupo. È giocare d’anticipo partecipando maggiormente alla vicende italiane e soprattutto aprendosi all’Europa, togliendo vicoli, allargando le maglie dei divieti, dal voto alla residenza, alla scuola mista. La crisi si batte con l’intelligenza e la cultura, non col localismo e le piccole patrie. Spero in Kompatscher. Mi sembra che conosca il mondo».
di Paolo Campostrini per l’Alto Adige