Guerra

Frattini: «L’arresto di Saif un passo cruciale verso la vittoria» 

Gheddafi va catturato vivo, sappiamo che si rifugia nei sotterranei dell’ospedale
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Intervista a La Stampa
di Guido Ruotolo

Ministro Frattini, che cosa rappresenta l’arresto di Saif al Islam, il figlio più vicino a Gheddafi?
«Un passo determinante verso l’inevitabile fine di Gheddafi e del suo regime».

Si combatte a Tripoli. I morti sarebbero centinaia. Sono le ultime drammatiche ore del regime di Gheddafi?
«Il bagno di sangue è l’ultimo capo di imputazione che andrà contestato al regime, a Muammar Gheddafi che di fronte al sangue di libici incita i suoi mercenari a non fare prigionieri. L’unica via che deve percorrere Gheddafi è quella di arrendersi».

Le notizie convulse delle ultime ore sembrano tutte comunque confermare che si combatte in città, a Tripoli. E che la vendetta dei lealisti si annuncia tremenda…
«Nostre fonti e fonti del Cnt, il Comitato nazionale di transizione, convergono nel segnalare che sono in atto scontri tra mercenari di diverse etnie per poter razziare la popolazione. Si ammazzano tra loro per saccheggiare la città».

Il raiss non ha mai voluto ascoltare gli appelli ragionevole alla resa.
«Al punto in cui siamo giunti, Gheddafi deve uscire di scena. Il regime dovrebbe indicare due autorevoli esponenti che non si sono macchiati di delitti di sangue per…».

Ministro Frattini, la interrompo, non è la proposta dell’Onu di un comitato di quattro saggi che nominano un quinto rappresentante al di sopra delle parti per avviare la transizione libica ormai superata dagli eventi?
«Sì, nella forma, non nella sostanza».

Uno di questi esponenti potrebbe essere l’ex numero due del regime, Jalloud, riparato in Italia l’altro giorno?
«Ha certamente tutte le caratteristiche per esserlo. Non spetta a noi indicarlo. Lui chiarirà la sua posizione quando lo riterrà opportuno. Sono convinto che in molti riconoscerebbero a lui un ruolo importante nella costruzione della nuova Libia».

Sei mesi da quella scintilla scoppiata a Bengasi il 15 febbraio scorso. Fino a poche settimane fa, regnava il pessimismo di fronte a un evidente stallo del conflitto. Oggi siamo all’epilogo?
«Siamo vicini all’epilogo. La situazione è in continua evoluzione, la Nato continua con il suo apporto logistico, l’opposizione ormai ha quasi occupato del tutto l’aeroporto internazionale di Tripoli, anche quello militare e civile di Mittiga sta per essere conquistato. E poi i 40 cecchini appostati su un palazzo si sono arresi e quattro importanti quartieri della capitale sono stati liberati».

Senta ministro, come si può cercare di far ragionare Gheddafi che parla di schiacciare i ratti…
«Non possiamo non rivolgergli l’appello ad arrendersi, anche se i segnali sono tutti negativi. Certo, nonostante il mandato di cattura internazionale, c’erano margini perché si potesse immaginare una coabitazione in terra libica di Gheddafi e del nuovo governo e regime democratico. Ma ormai gli eventi riducono i margini di una possibile mediazione».

In queste ore arrivano notizie da Tripoli di nuove defezioni importanti.
«Ci attendiamo nelle prossime ore una resa di massa di ufficiali e di dignitari del governo. Noi sappiamo che non tutti gli esponenti del regime si sono macchiati di delitti di sangue e non è un segreto che Gheddafi, dopo le defezioni di ministri importanti, come quello degli Esteri, Moussa Koussa, ha nei fatti deportato nella sua cittadella militarizzata dignitari con le famiglie, per evitare il rischio di altre defezioni. Ma adesso che la cittadella viene bombardata dalle forze Nato, si sono aperti dei varchi perché si concretizzi una resa di massa».

In attesa della fine di Gheddafi, stiamo già lavorando per la nuova Libia?
«Con gli Usa, la Francia e l’Inghilterra stiamo lavorando insieme al Cnt per rimettere in sesto il Paese. Per consentire agli impianti di tornare a estrarre il petrolio, per ricostruire le infrastrutture danneggiate. C’è un team operativo che già lavora a Bengasi. L’Italia sta già facendo molto per la formazione di quadri della nuova Libia nei settori della sicurezza, sanità e media».


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