«Non è del nuovo presidente degli Stati Uniti che gli europei devono avere paura». Franco Frattini, sessant’anni il prossimo marzo, per due volte ministro degli Esteri con Berlusconi, vicepresidente della Commissione Europea e oggi presidente di sezione al Consiglio di Stato, ha la voce calma quando parla del futuro delle relazioni tra le due sponde dell’Atlantico nell’era Trump. Non condivide i sospetti delle cancellerie di mezz’Europa, che temono che il nuovo inquilino della Casa Bianca possa dare la stura a una lunga serie di vittorie per i populisti euroscettici nel Vecchio Continente. Tutt’altro. La presidenza Trump potrebbe essere un formidabile volano per il processo d’integrazione europea, se l’UE saprà cogliere la palla al balzo. Certo, qualcosa cambierà. A cominciare dalla tutela militare USA sull’Europa, che dura dal 1945. Che riflesso avrà sulla Nato l’ingresso di Donald Trump nello Studio Ovale? Non penso che Trump voglia smantellare la Nato. Il vero punto di svolta saranno le priorità dell’Alleanza: non più lo scontro con Mosca, ma la lotta al terrorismo internazionale. L’idea risalente alla Guerra Fredda secondo la quale la Nato debba svolgere un ruolo di contenimento alla Russia, non corrisponde per Trump agli interessi americani. Mi auguro che Trump riesca a mettere fine al clima da guerra fredda con Mosca che è cresciuto sotto la presidenza Obama.
I soldati americani in Polonia saranno ritirati? Un contingente americano inviato in Europa per fare il muso duro a Putin, non aiuta la sfida globale nella lotta al terrorismo, che deve necessariamente comprendere anche la Russia. È l’Isis il vero nemico da sconfiggere, non Mosca. Per questo mi auguro che siano riviste le sanzioni contro la Russia e che il G7 torni a essere G8, come nel 1994 quando il premier Silvio Berlusconi decise di invitare l’allora presidente russo Yeltsin. Sarebbe bello che 23 anni dopo fosse ancora l’Italia a riportare la Russia al tavolo dei Grandi al consesso che si riunirà a Taormina.
All’Ue conviene rimanere nella Nato o sviluppare un’autonoma politica di difesa? Sono da sempre favorevole a una capacità europea di difesa ma senza sovrapposizioni con la Nato. Un caso emblematico è quello dei Balcani. Qui la Nato è intervenuta come attore di hard power, bombardando la Serbia, mentre l’Europa ha avviato una missione di soft power, consolidando il processo di pace e la sicurezza degli Stati della regione. A prescindere dalla Nato, però, credo che l’Ue debba fare molto di più per implementare la propria difesa. Finora ci sono stati solo grandi proclami.
La difesa comune europea è un’ipotesi credibile e, se sì, in quali tempi potrebbe concretizzarsi? È una possibilità che è diventata molto più credibile dopo la Brexit, dal momento che il maggiore ostacolo alla difesa comune era il no britannico. Non penso che ci sarà un autentico ministero della difesa europeo, ma si potrebbe arrivare a un centro di controllo e comando comune europeo che, assuma il coordinamento delle missioni che vedono coinvolti un discreto numero di Stati europei. In questo modo quando una missione ottiene il suggello dell’UE non si dovranno più mandare le truppe di Italia, Francia o Germania, ma un contingente europeo, così come avviene già Iraq e Afghanistan.
Trump metterà a repentaglio il progetto d’integrazione europea o piuttosto costringerà l’UE a fare i conti con i suoi problemi in maniera più realistica? Propendo per la seconda opzione. Trump darà una scossa salutare all’Europa, ammesso che l’Europa sappia cogliere questa opportunità. L’Ue si dovrà rendere contro che la tutela dell’alleato americano non è più scontata, ed elaborare una propria visione politica e strategica. Il vero problema che si nasconde dietro l’agitazione sulla presidenza Trump, è che l’Europa è incapace al momento di assumere un ruolo politico d’interlocutore forte, alla pari con Washington. Siamo stati abituati alla pacca sulle spalle, all’idea che tanto l’America c’è sempre. Tutto questo non ci sarà più. Come spiega la diffidenza di Trump nei confronti dei vertici dell’Unione Europea? L’idea che Bruxelles continui con una politica di austerity crea grossi problemi all’America, perché se i consumatori europei si impoveriscono comprano meno, e il principale mercato estero delle aziende americane resta ancora l’Europa. Trump è interessato al fatto che, da una politica di austerity a trazione tedesca, si passi a una misure economiche espansive e di sviluppo, come auspicato tra l’altro dall’Italia.
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