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Intervista

I profughi vanno trattati con rispetto (intervista all’Alto Adige)

L’Onu spesso è un alibi per non decidere.
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Ma l’Italia deve spingere per una decisione. E’ il nostro mare e noi siamo a un passo dalla Libia.

«Capisco il disagio dei bolzanini. Ne stanno arrivando molti di profughi. Ma attenzione, questa è gente che scappa da posti dove essere uccisi per strada o finire stuprate è il miglior modo di morire…». Franco Frattini sa quello che dice. Quattro anni nella commissione europea con la delega all’immigrazione, ministro degli Esteri in tempi in cui si tentavano le prime strategie per frenare i flussi concordandole con la Libia, l’Onu con le stesse remore di oggi, l’Europa strabica quando guarda al Mediterraneo. E adesso? «Adesso ai bolzanini dico: fate appello al vostro spirito di solidarietà. Altre parti d’Italia sopportano carichi ben maggiori. Questo è il tempo dell’umanità». E alla nostra politica? «Attenti, non è il momento di speculare su questi drammi. So che c’è chi lo farebbe per prendersi una manciata di voti in più. Ma spero che nessuno gli dia credito». Una delle voci ancora più ascoltate del centrodestra altoatesino, deputato bolzanino, per anni alter ego di Berlusconi nei rapporti internazionali, scende in campo per far capire che questi sono tempi dove a dure scelte in politica estera devono corrispondere generose politiche di accoglienza finchè l’emergenza non sarà frenata.

Però, quanti errori ministro.. Devo amaramente ammettere che avevamo visto giusto a mostrare tutte le nostre perplessità quando il mondo spingeva per far fuori Gheddafi. Era un dittatore sanguinario ma pochi avevano chiari i rischi di una transizione al buio.

Basta non farne più ora di errori, no? L’unico modo per limitarli è assumersi le proprie responsabilità di potenza mediterranea. L’Italia deve riprendere in mano il suo destino. Caricarsi sulle spalle la leadership nella lotta allo stato islamico in Libia.

Una bella sterzata rispetto alla nostra classica politica esterna andreottiana. Sì. Era una politica non solo filoaraba e questo poteva anche avere un senso, ma miope. Del tipo: se non pestiamo i piedi a nessuno, nessuno ce li pesterà. La storia ha dimostrato che l’Isis ti viene a cercare anche se tu non lo cerchi.

Cosa significa assumere la leadership? Prendersi i propri rischi. Anche militari nel caso. Ma soprattutto muoversi politicamente e diplomaticamente su tre fronti. Il primo è quello dell’intelligence. Io ho molti contatti con quel mondo. Conosco le nostre capacità. Forse siamo i migliori. Vanno controllate le presenze e anche gli arrivi.

I terroristi possono infiltrarsi nei barconi dei migranti? Possono ma finora non abbiamo segnali che lo facciano. Per cui, anche qui, niente speculazioni.

E poi la politica estera. In che direzione? Dobbiamo battere i pugni in Europa. Quando ero commissario europeo destinammo 13 milioni al mese per le Canarie. E quelli spagnoli erano pochissima cosa rispetto ai flussi di oggi da noi. Eppure la Ue è scesa dalle decine di milioni al mese che spendevamo per Mare Nostrum a un settimo con Triton. Tutto questo è miope.

E poi l’Onu…L’Onu spesso è un alibi per non decidere. Ma l’Italia deve spingere per una decisione. E’ il nostro mare e noi siamo a un passo dalla Libia.

Perchè l’Onu è fermo? Perché lo sono gli Usa. Molti non lo vogliono dire ma Obama si sta disimpegnando ovunque. L’America sta a guardare, questo è il punto. Un poco li capisco. Tutti a dar loro addosso perchè intervenivano. Adesso il loro ambasciatore mi dice: il Mediterraneo è italiano.

E dunque? Ricominciamo a far politica. Concentriamo i nostri sforzi per riconciliare le fazioni in lotta in Libia, assumiamo un ruolo da protagonisti. Ma senza farci troppe illusioni. Non sarà facile. Sarà un percorso duro. L’Egitto, ad esempio, è un alleato affidabile. Conosco Al Sisi da ministro. Ma anche le difficoltà libiche. Il loro presidente provvisorio mi disse: “La Libia è stata unita solo da un re e da un dittatore. Altrimenti è stata sempre divisa in tribù”. Il re era Idris, il dittatore Gheddafi. Questo per dire che non sarà una passeggiata.

di Paolo Campostrini


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