Clandestini

Il peccato originale della Carta di Dublino Frattini

«Siamo stati costretti a firmarla»
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Secondo il diritto internazionale, rifugiato è chi scappa dal proprio Paese perché perseguitato per motivi di razza, religione, opinioni politiche. Escluse le motivazioni economiche: eppure è soprattutto la povertà a spingere a chiedere asilo. Molti princìpi restano dunque sulla carta. Ma cosa dice la carta’? La prima convenzione europea è del 1990, modificata nel 2003 dal regolamento vincolante di Dublino. Per evitare l’ asylum shopping, un mercato’ delle domande d’ asilo, si ribadiva il principio per cui lo Stato che deve occuparsi della pratica è lo stesso in cui il rifugiato ha messo per la prima volta piede. Un principio che Claudio Martelli, autore della legge che nel ’90 trattava anche il tema dell’ asilo, così spiega: «È giusto, un Paese ha il dovere di esaminare le richieste, ma eventualmente anche il diritto di respingerle». 
La situazione ci riguarda da vicino. Eppure l’ Italia quegli accordi li firmò, e sollevò obiezioni solo dopo. «Purtroppo dice Franco Frattini, allora ministro degli Esteri e poi commissario Ue alla Giustizia non si poteva fare diversamente, le decisioni si prendevano all’ unanimità. L’ origine del regolamento era l’ applicazione pedissequa della convenzione del ’90».

Un provvedimento burocratico che non cambia la sostanza. Anzi. «Non hanno mai accolto le obiezioni di Italia, Spagna e Malta», prosegue Frattini, «a dimostrazione di un’ Europa senza solidarietà e della contrapposizione Nord-Sud». Solo con una nuova direttiva comune sull’ asilo si potrebbe cambiare il quadro. Anche perché ora è possibile votare a maggioranza qualificata. Basterebbe solo’ che si creasse un blocco del Sud… 

DI «PRINCIPIO vecchio» parla anche Beppe Pisanu, allora ministro dell’ Interno: in quegli anni dichiarava che il 92% delle richieste di asilo in Italia erano «false o infondate». A una certa impotenza dei governi si aggiungono poi i paradossi. Come le richieste di asilo da parte di kosovari con passaporto serbo, cioè di un Paese prossimo ad aderire all’ Ue, tutt’ altro che una dittatura. Oppure il cosiddetto burden sharing, la ripartizione degli oneri proposta da Frattini. Principio che l’ ultima modifica del 2013 (Dublino III’) ha accolto. Solo che vale esclusivamente «su base volontaria». Ognuno di testa sua. Altro che solidarietà.

di Giorgio Caccamo  per “Quotidiano Nazionale”


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