I fatti di Roma, della finale di Tim Cup tra Fiorentina e Napoli, giocata domenica 4 maggio allo Stadio Olimpico, riecheggiano (purtroppo) in tutto il mondo. El Mundo Deportivo titola: “Il figlio di un camorrista ha deciso di far giocare la partita”. Sempre in Spagna Marca apre con un eloquente “il Napoli alza la coppa della vergogna”. In Francia l’Equipe titola a caldo con “Napoli, dramma e festa”, mentre in Germania la Bild parla di una “finale scandalo”. Anche il prestigioso Huffington Post parla della serata dell’Olimpico: “Il Napoli vince una finale rovinata dalla violenza”.
Un lungo video pubblicato sul sito dell’emittente inglese Bbc ripropone gli scontri che hanno provocato il ferimento di tre tifosi napoletani. Grande spazio, con tanto di servizio fotografico, viene dato dal Daily mail agli scontri di Roma: le sequenza video-fotografica è implacabile, e ripropone tutte la fasi dei tafferugli, fino alla trattativa fra i rappresentanti delle forze dell’ordine e i capi della tifoseria organizzata dal Napoli, “mentre un vigile – scrive il giornale – viene investito da un petardo e portato via per le cure sanitarie”. Solo poche foto, e qualche commento, vengono riservate alla partita.
Io sono certo che lo sport italiano non è solo la cronaca che leggiamo oggi sui giornali. Ma quanto accaduto ieri può essere etichettato solo con una parola: “VERGOGNA”. Ieri non si è giocato un trofeo. Perché tale non può essere definito un incontro in cui è un capo clan a decidere il destino della partita, o addirittura un’intera curva fischia l’Inno Nazionale. Ieri si è giocata la “COPPA DELLA VERGOGNA”.
Franco Frattini
Presidente dell’Alta Corte di giustizia del CONI
Ascesa Genny ‘a carogna, ultra’ che disse si gioca
Un arresto per droga nel 2008. Ironia e indignazione sui social
Fonte ANSA- Le immagini che lo ritraggono col pollice alzato in segno di ok, va tutto bene si gioca, hanno fatto il giro del mondo, prova evidente del potere delle curve negli stadi. La stampa estera, poi, ha individuato in lui il pretesto per gettare fango sull’Italia. Gennaro De Tommaso, meglio noto come Genny ‘a carogna, e’ il personaggio chiave di quella che all’estero hanno definito la Coppa della vergogna, e di quella trattativa tra ultra’, societa’ e forze dell’ordine – oggi smentita dal questore di Roma e dal ministro Alfano – che ha ritardato di 45′ l’inizio della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, disputata poi in un clima surreale. Quel capo ultra’ del Napoli che media col capitano azzurro Hamsik, e poi con dirigenti e forze dell’ordine, che placa la curva inferocita che si scaglia con petardi e bombe carta contro i vigili del fuoco, ma si ritrae in buon ordine quando lui allarga le braccia e intima di stare buoni, e infine da’ l’assenso a che lo spettacolo cominci, ha tenuto la scena a lungo nei drammatici minuti che hanno preceduto l’incontro poi finito col successo degli azzurri per 3 a 1. Personaggio noto alle forze dell’ordine, il capo dei Mastiffs, i mastini della curva A, gestisce un bar nel cuore di Forcella e ha precedenti per spaccio di stupefacenti. Risale al 2008 un arresto proprio per traffico di droga. Nel suo passato – si apprende dalle forze dell’ordine – anche un provvedimento di Daspo. Ma De Tommaso non e’ nuovo a una certa visibilita’ mediatica: la sua foto a torso nudo all’Emirates di Londra in occasione della partita di Champions League tra Arsenal e Napoli dello scorso ottobre ebbe molto risalto sui giornali inglesi venendo associata alla devastazione di un pub poco distante dal campo di gioco di cui in un primo momento furono accusati i tifosi azzurri. Successivamente Scotland Yard chiari’ l’estraneita’ dei tifosi azzurri rispetto a quell’episodio. La sua scalata ai vertici della curva A, cuore del tifo azzurro, e’ partita dalla guida del gruppo dei Mastiffs, per arrivare alla leadership dell’intera curva. Il suo nome (pur essendo estraneo a quella vicenda) compare anche nell’ordinanza che nel 2008 porto’ a 40 arresti per gli scontri di Pianura, a Napoli, in piena emergenza rifiuti. Allora si parlo’ di un coinvolgimento di esponenti del tifo organizzato in quegli incidenti. Lo cita il pentito Emilio Zapata Misso, nipote del boss di camorra Giuseppe Misso, nel rivelare ai magistrati la geografia dei gruppi della curva e i loro rapporti con alcuni clan. ”Il capo dei Mastiffs e’ Tommaso De Gennaro – disse – detto Genny ‘a carogna, figlio di Ciro De Tommaso, un affiliato al clan Misso”. Sui social network tanta indignazione ma anche molta ironia. Su twitter spopola l’ashtag #ilcapoultrahadeciso: sul social c’e’ chi parla della trattativa Stato-‘a carogna ma anche su Facebook si sprecano le battute. C’e’ chi lo vede a pranzo con Renzi come nuovo ministro dell’Interno e chi convocato al Quirinale per fare il governo, ma anche chi gli chiede di spostare gli esami e chi si domanda se non deve chiedere il permesso a Genny per fare colazione. Perche’ l’ironia, a Napoli, non viene mai meno anche quando a prevalere nei commenti e’ la parola vergogna.
C.Italia: vedova Raciti,e’ vergogna e Stato ha perso Istituzioni la chiamano al telefono e lei ‘si sente meno sola’
Fonte ANSA – (di Mimmo Trovato) – “E’ una vergogna”: lo stadio consegnato “in mano a dei violenti” e lo “Stato che non reagisce, anzi, resta impotente e quindi ha perso”. E’ ancora “sconvolta” e stanca per “non avere potuto dormire”, confessa all’ANSA, Marisa Grasso, la vedova dell’ispettore capo Filippo Raciti, morto il 2 febbraio del 2007 nello stadio di Catania, che ieri sera ha visto la maglietta del capo ultras Genny detto ‘a Carogna’, con la scritta ‘Speziale libero’. Antonino Speziale sta scontando una condanna definitiva a 8 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale per lo morte del poliziotto. Ha guardato le immagini in diretta televisiva della finale di Coppa Italia, all’Olimpico di Roma, tra Fiorentina e Napoli: “dure come macigni sul cuore…”, rivela. Ne ha parlato con i suoi due figli, perche’ “non nascondo niente loro e devono sapere tutto”. Anche per loro e’ stata “l’ennesima violenza al ricordo doloroso del padre, seppellito da sette anni”. La cosa che le e’ pesata di piu’, pero’, e “l’assenza dello Stato”. Anche se le telefonate di “vicinanza e solidarieta’” di oggi del premier, Matteo Renzi, del presidente del Senato, Pietro Grasso, del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, e del capo della polizia, Alessandro Pansa, l’hanno sollevata e fatta “sentire meno sola”. “Il contenuto delle chiamate – aggiunge – e’ riservato, ma mi hanno fatto piacere e sentire meno sola. Adesso dopo le parole aspettiamo i fatti, che ci saranno” “Ieri sera – afferma Marisa Grasso – mi sono sentita umiliata e ho provato un grande dolore perche’ e’ stata offesa la memoria di mio marito: e’ stata indossata una maglietta che inneggia all’assassino di un poliziotto. Tutti hanno visto la prepotenza di questa persona, ma poi che e’ successo? Io – sottolinea – ho pieno diritto, adesso, di avere risposte dalle Istituzioni”. “Lo Stato”, segnala “con grande rammarico” la vedova dell’ispettore capo Raciti, “ieri era presente allo stadio nelle sue massime espressioni, e che ha fatto?”. “Lo Stato deve essere forte e non debole – osserva – e ieri c’e’ stata l’espressione evidente della sua impotenza”. “Non c’e’ stato un altro caso Raciti – continua la vedova dell’ispettore capo di polizia – ma c’erano i presupposti affinche’ questo accadesse, perche’ la violenza c’e’ stata e io, dopo avere seppellito mio marito, che ha lasciato una moglie e due figli, non voglio vedere altri servitori dello Stato cadere vittima della violenza. E’ ora che qualcuno ponga fine a tutto questo – chiosa la vedova Raciti – ma non a parole…”.