Consiglio di Stato

LA DIFFICILE CONVIVENZA TRA CREATURE UMANE E NON UMANE

Il caso dell’orso M57 e la motivazione dei provvedimenti contingibili e urgenti
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La difficile convivenza tra creature umane e non umane. Il caso dell’orso M57 e la motivazione dei provvedimenti contingibili e urgenti (Nota a Consiglio di Stato, Sezione Terza, 3 novembre 2021, n. 7366)

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di Silvia Casilli

Sommario: 1. Premessa: i fatti di causa e il ricorso al Consiglio di Stato – 2. Orientamenti in materia del CdS e precedenti della Sezione Terza: la sentenza n. 571/2021 – 3. La soluzione della Sezione Terza: la sentenza n. 7366/2021 – 4. L’esercizio del potere contingibile e urgente – 5. Il rischio di abuso degli strumenti del c.d. diritto amministrativo dell’emergenza: tensione con il principio di legalità.

1. Premessa: i fatti di causa e il ricorso al Consiglio di Stato

Con la sentenza n. 7366 del 2021, la Terza Sezione del Consiglio di Stato si è pronunciata in ordine al ricorso agli strumenti del c.d. diritto amministrativo dell’emergenza e, più segnatamente, in tema di motivazione e vizi dell’atto. In particolare, ha affrontato la questione dell’esercizio del potere contingibile e urgente in capo al Presidente della Provincia e del relativo sindacato giurisdizionale affermando l’illegittimità dell’ordinanza che ha disposto la captivazione permanente dell’orso M57, adottata in assenza del preventivo necessario parere dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale) richiesto allo scopo di consentire una valutazione in merito al regime più adeguato e maggiormente conforme ai parametri normativi in relazione alle esigenze di tutela sia dell’animale che della collettività. 

La vicenda contenziosa – sulla falsa riga di altre similari portate all’attenzione dello stesso Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento – trae origine dai ricorsi (nn. 152 e 153/2020) presentati davanti al Tar Trento dall’Ente Nazionale Protezione Animali E.N.P.A. Onlus (di seguito “E.N.P.A.”) e dall’Organizzazione Internazionale Protezione Animali Oipa Italia Odv (di seguito “OIPA”) per l’annullamento del provvedimento, ovvero dell’ordine, comunque impartito dal Presidente della Provincia Autonoma di Trento con cui è stata disposta la cattura per la captivazione permanente dell’esemplare di orso denominato M57, ai sensi degli articoli 52 d.P.R. n. 670/1972 e 18 legge regionale n. 1/1993[1].

Con sentenza n. 55/2021, il Tar Trento rigettava i ricorsi proposti, tra gli altri, da E.N.P.A. e OIPA, ritenendo che il provvedimento di cattura per la captivazione permanente presso la struttura denominata Casteller dell’orso M57 fosse esente dai vizi prospettati con i ricorsi di primo grado. 

Contestualmente, nel giudizio di primo grado veniva resa ordinanza cautelare, anch’essa appellata (da E.N.P.A. e OIPA) e riformata dalla successiva ordinanza cautelare n. 329/2021 del Consiglio di Stato.

Avverso la sentenza ricorrevano E.N.P.A. e OIPA deducendo sotto diversi profili, come già in primo grado, il difetto di motivazione e di istruttoria da cui sarebbe stato viziato il provvedimento impugnato dinanzi al giudice di prime cure e l’insussistenza, nel caso di specie, dei presupposti per la cattura e captivazione permanente.

In particolare, le appellanti sostenevano che il giudice di prime cure non avesse adeguatamente motivato la propria decisione, appiattendosi sulle difese dell’Amministrazione, la quale assumeva la decisione di addivenire alla captivazione permanente dell’esemplare M57 in radicale difetto di presupposto e senza aver dapprima dimostrato la non praticabilità di altre alternative, pur espressamente previste dal PACOBACE[2]. Veniva fatto riferimento alle circostanze di fatto che avevano condotto alla cattura dell’animale ed in particolare al difetto di istruttoria riguardo al presupposto principale, vale a dire l’elemento dell’aggressione che l’orso avrebbe posto in essere, senza essere provocato[3], nonché il conseguente difetto di motivazione sul punto. Dalle risultanze procedimentali non figurava originariamente una diretta escussione del soggetto aggredito ed anzi, le uniche dichiarazioni raccolte contenevano una serie di elementi tali da far dubitare della ricostruzione fattuale accolta dal giudice di prime cure.

Si costituivano in giudizio il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (ora Ministero della Transizione Ecologica[4]) e la Provincia Autonoma di Trento, che proponeva appello incidentale, pur impugnando curiosamente una statuizione del tutto favorevole, al solo fine di contestare il percorso motivazionale della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che l’esercizio del potere in deroga all’iter ordinario, attribuito dall’art. 52 comma 2 d.P.R. n. 670/1972, presupponesse il duplice requisito dell’aggressione da parte dell’orso senza essere provocato e del suo mancato allontanamento successivo all’aggressione medesima.

2. Orientamenti in materia del CdS e precedenti della Sezione Terza: la sentenza n. 571/2021

La questione, non nuova al Consiglio di Stato[5], è stata affrontata più volte, da ultimo con una esaustiva pronuncia[6], cui la stessa sentenza in commento rimanda. 

Svariate volte il Collegio richiama, anche nell’ottica dell’esigenza di sinteticità ex art. 3 comma 2 d. lgs. 104/2004, la ricostruzione operata in precedenza nella sentenza n. 571/2021, sebbene quest’ultima fosse giunta a conseguenze del tutto opposte al caso in esame affermando la legittimità, in quanto giustificato dal pericolo per l’incolumità di persone, animali e cose, dell’utilizzo, da parte del Presidente della Provincia di Trento, dei poteri di urgenza ex artt. 52 comma 2, d.P.R. n. 670/1972 e 18 comma 2, legge regionale n. 1/1993.

I giudici della Terza Sezione ravvisavano come non potesse ritenersi che la normativa statale applicativa dei principi sovranazionali in materia di tutela delle specie protette (ursus arctos canis lupus) escludesse l’applicazione di poteri straordinari che eludano autorizzazioni e pareri degli organi competenti. In altri termini, una volta ammessa dall’art. 1 legge provinciale Trento n. 9/2018 – a determinate condizioni e secondo un procedimento che vede il coinvolgimento di alcune autorità – la possibilità di catturare o, in casi ancor più eccezionali, sopprimere l’orso per prevenire danni gravi[7], non può allora escludersi il ricorso al potere d’urgenza, attraverso l’ordinanza contingibile e urgente, nel caso di un pericolo tale da non consentire il ricorso alla disciplina ordinaria.

Condizione per il prelievo, la cattura e l’uccisione dell’orso o del lupo è, però, che non esista altra soluzione valida e che non si pregiudichi il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale[8]. E, in ragione della natura emergenziale del provvedimento, volto a prevenire gravi pericoli che minaccino l’incolumità dei cittadini, implicito è che ogni determinazione amministrativa da assumere in tale materia richieda a monte il rigoroso svolgimento di una compiuta e mirata istruttoria volta a riscontrare l’effettiva sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza cui si correla una situazione di effettivo e concreto pericolo per l’integrità dei beni tutelati. Imprescindibile è allora un’indagine che dia adeguatamente conto della situazione fattuale tale da dimostrare l’impossibilità di fronteggiare l’urgenza con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva.

Nel caso di specie il Collegio aveva ritenuto soddisfatti tutti i requisiti di cui sopra e, per l’effetto, sussistenti i presupposti per l’esercizio del potere contingibile e urgente. L’eccezionalità dello strumento utilizzato – in luogo dello strumento normativo ordinario che impone il preventivo parere favorevole del Ministero dell’Ambiente – lungi dal poter essere adoperato in via generale, è giustificata dal fatto che nel caso di specie lo stesso Ispra non aveva negato la “problematicità” dell’esemplare né la possibilità, tra le altre, della soluzione della cattura ed in aggiunta nessun atto era stato adottato al riguardo a livello ministeriale, sopraggiungendo ormai la stagione estiva nella quale maggiore si fa il rischio di “incontri indesiderati”. 

Quanto poi al piano della discrezionalità e del relativo sindacato del giudice, la Terza Sezione ha chiarito che la valutazione in ordine alla pericolosità degli episodi di cui si era reso protagonista il plantigrado ha carattere prettamente discrezionale; ne consegue che il sindacato giurisdizionale trova applicazione solo relativamente ai casi di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti[9], mentre al sindacato del giudice amministrativo deve rimanere estraneo l’accertamento della gravità degli episodi posti a base delle ordinanze[10].  

3. La soluzione della Sezione Terza: la sentenza n. 7366/2021

La Sezione Terza, pronunciatasi il 3 novembre 2021 con sentenza n. 7366, dichiarata l’inammissibilità dell’appello incidentale[11], ha poi esaustivamente, salvo il rimando al proprio precedente sopra menzionato, esaminato i motivi dell’appello principale, ravvisandone la fondatezza.

Sotto un primo profilo, le appellanti lamentavano l’error in iudicando, il difetto di istruttoria e motivazione sotto plurimi profili, nonché la violazione di diverse disposizioni di legge, comprese la mancata acquisizione del parere dell’Ispra e la violazione del PACOBACE del luglio 2015.

Il Collegio riconosceva il difetto di istruttoria viziante il provvedimento impugnato e riguardante proprio il principale elemento dell’aggressione da parte del plantigrado, e ne deduceva il conseguente difetto di motivazione. 

Dalle risultanze procedimentali, infatti, afferma la Terza Sezione, non emergeva vi fosse stata una diretta escussione del soggetto aggredito, risultando invece solo le dichiarazioni rese da un altro soggetto – peraltro in contrasto con quanto accertato dalla sentenza di primo grado e con quanto dichiarato solo successivamente dal soggetto aggredito – e non potendosi ritenere completa un’istruttoria che prescindeva in un primo momento da dichiarazioni[12] che, si legge nella sentenza del Tar Trento, sarebbero poi state formalizzate solo in data successiva.

Sotto questo profilo, la pronuncia del Consiglio di Stato affronta il cruciale aspetto della piattaforma istruttoria che deve sorreggere la decisione del giudice amministrativo e, prima ancora, l’esercizio del potere. Afferma il Collegio che “la piattaforma istruttoria su cui poggia il provvedimento impugnato in primo grado è, alla stregua del principio tempus regit actum, quella che ha cristallizzato lo stato di fatto al momento della sua adozione (e che ha dunque giustificato l’esercizio del potere)[13]. Ne consegue che la successiva escussione del teste principale non può sorreggere ex postuna fase decisionale carente in punto di attenta ricognizione dei presupposti fattuali legittimanti l’esercizio del potere.

In quest’ottica, fuorviante è l’affermazione, ripetuta dai giudici amministrativi trentini, dei limiti del sindacato giurisdizionale dei provvedimenti normativi in materia, in quanto disvela, invece, un errore prospettico risultante dalla sovrapposizione di due piani diversi, sia dal punto di vista concettuale, che delle censure di cui sono stati oggetto: quello della sussistenza dei presupposti per l’adozione dei provvedimenti da una parte; quello dell’ampiezza del potere discrezionale dell’amministrazione nell’adozione degli stessi (una volta accertata la sussistenza dei relativi presupposti) dall’altra.

Sotto il profilo logico e cronologico, non si può prescindere allora dal previo accertamento del dato fattuale. Ed è evidente che la qualificazione giuridica del fatto accertato, successiva all’accertamento che ne è propedeutico, nonché condizionante poi il successivo esercizio del potere, presuppone una corretta ricostruzione delle risultanze probatorie acquisite al procedimento, la cui coerenza e completezza può senz’altro costituire oggetto di sindacato giurisdizionale, perlomeno sotto il profilo – rilevante nel caso in esame – dell’applicazione dei canoni dell’inferenza logica. Diverso è invece il piano del sindacato giurisdizionale sull’esercizio del potere discrezionale.

Nel caso di specie, i dati istruttori acquisiti prima dell’adozione del provvedimento impugnato in primo grado evidenziavano notevoli deficit sul piano istruttorio e motivazionale tali da integrare un vizio invalidante autosufficiente a determinare la caducazione del provvedimento, che viene infatti annullato in sede di appello. Invero, laddove il provvedimento amministrativo sia censurato relativamente alla discrasia tra l’istruttoria procedimentale e la decisione provvedimentale – nel senso che una cattiva istruttoria ha viziato l’adozione del provvedimento, reso in assenza dei presupposti richiesti – ciò “è condizione necessaria e sufficiente per disporne l’annullamento nella sede giurisdizionale in cui tale contrasto sia dedotto; potendo al più l’amministrazione, in sede di riedizione del potere, una volta assegnato – in virtù dell’effetto conformativo del giudicato – l’esatto significato al compendio istruttorio acquisito agli atti, valutare la sussistenza dei presupposti per l’adozione di eventuali, ulteriori tipologie provvedimentali[14].

La Terza Sezione ha allora riformato la sentenza gravata e annullato il provvedimento impugnato ritenendo la carenza sul piano istruttorio e motivazionale un vizio da solo idoneo a caducare il provvedimento. Tale motivo è stato ritenuto assorbente di altri comunque fondati, come l’assenza del parere dell’Ispra, ulteriore elemento a conferma del deficit istruttorio che affligge il provvedimento impugnato.

4. L’esercizio del potere contingibile e urgente

Fulcro della questione affrontata dal Consiglio di Stato è il potere di ordinanza contingibile e urgente di cui all’art. 52 comma 2 del d. P.R. 670/1972. La già citata sentenza n. 571/2021 fornisce un esaustivo inquadramento normativo della disciplina avente ad oggetto l’esercizio del potere da parte del Presidente della Provincia, su cui è opportuno soffermarsi.

Il potere di ordinanza extra ordinem, che ha come caratteristica quella di essere prevista dal legislatore solo riguardo all’attribuzione del potere, restando libera[15] nei contenuti – potendo anche derogare alle norme vigenti, purchè venga comunque garantito il rispetto dei principi generali dell’ordinamento – non comporta, laddove usato nella sua declinazione derogatoria, una vera e propria abrogazione, ma solo una deroga temporanea alle fonti primarie in ossequio all’implicito principio della limitatezza dello spatium temporis  della loro applicazione.

Le fonti del diritto emergenziale, infatti, “non si limitano a sospendere per un periodo di tempo determinato l’efficacia di una o più norme anteriori, ma – per quel periodo di tempo – disciplinano certe fattispecie in modo diverso da quelle; eppure non producono i medesimi effetti della deroga in senso proprio, che, caratterizzata dalla definitività, non è altro che una forma di abrogazione parziale[16]

La Costituzione non detta una disciplina esplicita sul punto[17], non prevedendo un diritto speciale dell’emergenza; prevede, tuttavia dei controlimiti, emergenti in primis dall’art. 2 quanto alla dignità umana, imponendo che ogni sacrificio sia proporzionato alla necessità e urgenza.

Dunque, necessità, proporzionalità, bilanciamento, giustiziabilità e temporaneità. Questi i criteri volti ad assicurare una tutela sistemica della carta costituzionale.

Le ordinanze libere sono provvedimenti irrinunciabili in uno stato di diritto, in quanto devolvono taluni aspetti che il legislatore non può toccare in profondità al giudizio discrezionale della p.a.; la loro impossibilità nell’essere definite a monte in tutti i loro aspetti è strutturale, in quanto regolano situazioni emergenziali eccezionali, per definizione non predeterminabili. Sono ammesse in quanto riguardanti settori in cui il principio di legalità, nella sua astrattezza e generalità, non può predeterminare gli infiniti casi in cui la p.a. deve intervenire con urgenza; ma non per questo si può prescindere dal rispetto del principio generale.

Per quanto attiene all’esercizio del potere di ordinanza contingibile e urgente nello specifico ambito ambientale, dal quadro normativo a livello sovranazionale emerge come possano essere autorizzate delle deroghe ai divieti di uccisione delle specie protette, qualora queste siano necessarie al fine della salvaguardia di altri interessi, e che il loro bilanciamento compete alle autorità nazionali, nel rispetto delle condizioni e dei limiti derivanti dai vincoli europei e internazionali.

La direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992 all’art. 16 prevede, infatti, che: “a condizione che non esista un’altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale, gli Stati membri possono derogare alle disposizioni previste dagli articoli 12, 13, 14 e 15, lettere a) e b): a) per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali; b) per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture, all’allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà; c) nell’interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente”. Inoltre, la Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, adottata a Berna il 19 settembre 1979, ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 5 agosto 1981, n. 503, all’art. 6 prescrive che ogni parte contraente adotterà leggi e regolamenti per la salvaguardia delle specie di fauna selvatica specificamente elencate nell’allegato II, per le quali è vietata ogni forma di cattura e uccisione intenzionale.

Tra le specie protette rientrano gli orsi (e il lupo). Degli esemplari di tali specie il successivo art. 9 della Convenzione di Berna consente l’abbattimento “per prevenire importanti danni a colture, bestiame, zone boschive, riserve di pesca, acque e altre forme di proprietà”, nonché “nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica […]”.

Nell’ordinamento interno, anche prima dell’adozione della “Direttiva habitat” 92/43/CEE e del suo regolamento di attuazione[18], era stata introdotta la disciplina di tutela delle specie protette e del prelievo venatorio con la l. 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), che all’art. 1 annovera la fauna selvatica nel patrimonio indisponibile dello Stato e, all’art. 2, per alcune specie, tra le quali l’orso e il lupo, prevede un particolare regime di protezione, anche sotto il profilo sanzionatorio.

Ma, nella prospettiva di un bilanciamento della protezione di tali specie con le esigenze di tutela del suolo, del patrimonio zootecnico e delle produzioni agricole, l’art. 19 della stessa l. 157/1992 demanda proprio alle Regioni il controllo della fauna selvatica, ivi comprese le specie dell’orso e del lupo (anche nelle zone vietate alla caccia), da esercitare selettivamente, mediante l’utilizzo di metodi ecologici e su parere dell’ex Istituto nazionale per la fauna selvatica (Infs), poi confluito nell’Ispra, fino a consentire l’abbattimento di tale fauna quando i metodi ecologici si rivelino inefficaci.

Le attività poste in essere nell’ambito dei piani di abbattimento regionali costituiscono legittimo esercizio di un potere previsto dalla stessa l. 157/1992 e non possono, pertanto, integrare la condotta sanzionata dal successivo art. 30, rientrando nella cornice autorizzatoria del citato art. 19.

Alla descritta disciplina statale di tutela delle specie protette si sovrappone il regolamento attuativo della “Direttiva habitat”, di cui al d.P.R. n. 357/1997; tale normativa prevede una protezione rigorosa anche per l’orso e il lupo e attribuisce il potere di autorizzare la deroga al divieto di cattura o uccisione delle specie protette al solo Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti per quanto di competenza il Ministro per le politiche agricole e l’Ispra “a condizione che non esista un’altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di distribuzione naturale […]”[19].

Lo stesso d.P.R., all’art. 1, comma 4, attribuisce alle Regioni a Statuto speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano la competenza a dare attuazione agli obiettivi del regolamento, “nel rispetto di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione”.

Va anche rilevato che il comma 1 dell’articolo unico, l. prov. 11 luglio 2018, n. 9 ha attribuito al Presidente della Provincia di Trento (e di quella di Bolzano) la competenza ad autorizzare il prelievo, la cattura e l’uccisione dell’orso (e del lupo), purché ciò avvenga a specifiche condizioni, ovvero al dichiarato fine di dare attuazione alla normativa comunitaria in materia di conservazione degli habitat naturali e seminaturali e per proteggere la fauna e la flora selvatiche caratteristiche dell’alpicoltura e conservare i relativi habitat naturali, prevenire danni gravi, specificatamente alle colture, all’allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico, alle acque ed alla proprietà, nell’interesse della sanità e della sicurezza pubblica. In tali casi, il Presidente della Provincia di Trento  può autorizzare la cattura e l’uccisione dei soli esemplari delle specie protette (ursus arctos e canis lupus), previo parere dell’Ispra e sempre che non sussistano altre soluzioni valide e non venga messa a rischio la conservazione della specie.

Dunque, la disciplina sopra menzionata, autorizza una serie di azioni, la cui intensità è graduata dalla già menzionata tabella PACOBACE, in ragione dell’accertamento di taluni presupposti fattuali che giustificano la cattura di esemplari protetti. 

Fondamentale, come chiarito dal Consiglio di Stato, è distinguere i limiti del sindacato giurisdizionale in relazione ai diversi aspetti della sussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere e dell’ampiezza del potere discrezionale della p.a. (una volta però che sia stata accertata la sussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere stesso).

Nel caso in esame, invece, il primo giudice ha ritenuto di supplire alla carenza del provvedimento amministrativo, contenente una giustificazione fattuale dei poteri esercitati contrastante con la base istruttoria acquisita al relativo procedimento, proponendo una giustificazione diversa, ma comunque equipollente sul piano degli effetti, di modo da affermarne comunque la non annullabilità. Tuttavia, se il giudice può discostarsi dal nomen iuris offerto dall’amministrazione, qualificando diversamente il fatto sul piano giuridico, non può però superare la censura del difetto di istruttoria, ritenendo che i presupposti fattuali siano comunque idonei a supportare un provvedimento amministrativo diverso, anche sul piano motivazionale, da quello in concreto adottato.

Ebbene, nel caso di specie, veniva superata la censura del difetto di istruttoria proprio riguardo a provvedimenti, quali le ordinanze extra ordinem, atipici nel contenuto, ma che, a maggior ragione, devono essere adeguatamente sorretti su un piano motivazionale[20]. Tanto più se aventi ad oggetto atti di disposizione di specie protette, la cui esperibilità deve necessariamente essere il frutto di un bilanciamento volto ad incidere il meno possibile sull’equilibrio della fauna e flora selvatica. 

Condizione per il prelievo, la cattura o l’uccisione dell’orso (e del lupo) è, dunque, che non esista un’altra soluzione valida – e questo non poteva che emergere da un’adeguata fase istruttoria e conseguente giustificazione sul piano motivazionale, assenti nel caso di specie – e che non si pregiudichi il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale. Inoltre, anche laddove la captivazione permanente risulti l’unica soluzione possibile, in ogni caso il Presidente della Provincia non può essere esonerato dall’assicurare all’esemplare posto in captivazione un habitat il più possibile vicino a quello naturale, per non costringere tale esemplare a vivere in uno stato di abbrutimento che, oltre a sostanziarsi in forme di maltrattamento, finisce per rendere ancora più aggressivo il plantigrado[21]. Dunque c’è sì un’attenzione alle condizioni dell’orso, ma anche questa attenzione è strumentale ad un tornaconto umano, vale a dire evitare il rischio di rendere l’orso eccessivamente pericoloso ed aggressivo.

Proprio quest’ultimo aspetto stimola un’ulteriore riflessione in tema di rapporto tra natura e diritto[22] e, in particolare, sulla tradizionale costruzione del diritto in chiave fortemente antropocentrica[23], che si sostanzia in una visione estrattiva[24] e per l’effetto inevitabilmente anche distruttiva dell’uomo che, di fatto, assume un ruolo totalmente egemone determinando, con il proprio intervento, un dominio incontrollato e dalle conseguenze infauste sulla natura. 

5. Il rischio di abuso degli strumenti del c.d. diritto amministrativo dell’emergenza: tensione con il principio di legalità

Una volta affrontata la disciplina del potere di ordinanza contingibile e urgente, è opportuno muovere qualche osservazione sul rischio, già paventato, del suo abuso e conseguente frizione con il centrale principio di legalità. 

Una delle censure mosse dalle appellanti, nonché già evidenziate dal Consiglio di Stato con la citata ordinanza cautelare n. 329/2021, aveva ad oggetto la mancanza del parere Ispra. A tal proposito è interessante la conclusione della sentenza gravata che, in argomento, ha ritenuto non condivisibile neppure l’ulteriore rilievo formulato dal Consiglio di Stato con l’ordinanza cautelare n. 329 del 2021, secondo il quale il provvedimento impugnato sarebbe comunque illegittimo in quanto adottato in assenza della necessaria valutazione dell’Ispra; e ciò in ragione di una lettura del potere contingibile e urgente che appare poco rispettosa del principio di legalità.

Il Tar Trento ha, infatti, concluso nel senso che “avendo il Presidente della Provincia agito nell’esercizio del potere in deroga attribuitogli dall’art. 52 comma 2 del d.P.R. n. 670/1972, non possano essere accolte né la censura incentrata sulla mancata acquisizione del parere preventivo dell’Ispra, né tantomeno la censura incentrata sul fatto che il presidente della provincia non abbia provveduto ad informare immediatamente l’Ispra e il Ministero dell’Ambiente del provvedimento adottato”. D’altronde, già la difesa della Provincia aveva affermato la non necessarietà del parere Ispra sul presupposto della natura extra ordinem del potere esercitato, in ragione del fatto che l’ordinanza contingibile e urgente sarebbe “destinata a disciplinare transitoriamente situazioni non tipizzabili per le quali il legislatore non può configurare ‘a monte’ poteri di intervento tipici[25].

Ebbene, tale lettura non sembra valorizzare a sufficienza l’importanza che il principio di legalità deve incarnare nell’ordinamento.

La Terza Sezione, in maniera categorica ha infatti ribadito, mediante il richiamo a quanto affermato dalla Corte Costituzionale già con sentenza n. 127/1995, la sussistenza di una relazione tra proporzionalità e tipicità, nel senso che l’assenza di tipicità deve essere compensata e bilanciata dal rapporto di proporzionalità esistente fra intensità dell’esigenza emergenziale e il contenuto dispositivo della misura provvedimentale. Il potere straordinario, infatti, proprio in quanto potere amministrativo, deve soggiacere ai limiti di questo, tra cui il principio di proporzionalità.

D’altronde, si registrerebbe altrimenti una frizione anche con il principio di legalità, configurando la possibilità del rischio di abuso degli strumenti del diritto amministrativo dell’emergenza; la straordinarietà, infatti, può predicarsi al più per provvedimenti ad effetto transitorio, laddove la captivazione permanente – nel caso di specie disposta in deroga ai necessari adempimenti procedimentali – è una misura logicamente incompatibile con un orizzonte temporalmente limitato.

A fronte, dunque, dell’esercizio del potere contingibile e urgente, che si pone al limite del principio di legalità per sua stessa natura[26], il rispetto del principio medesimo si garantisce anche mediante una stringente istruttoria in punto di fatto, nonché valorizzando la motivazione (e la sua non integrabilità postuma), la cui mancanza, per l’appunto, è il fulcro dell’argomentazione delle ricorrenti[27].

[1] L’articolo 52 d.P.R. n. 670/1972, in particolare, al secondo comma prevede che il Presidente della Provincia “adotta i provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di sicurezza e di igiene pubblica nell’interesse delle popolazioni di due o più comuni”. 

L’art. 18 legge regionale n. 1/1993, invece, disciplina i provvedimenti contingibili e urgenti del sindaco, prevedendo che “il sindaco adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, i provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di sanità ed igiene, edilizia e polizia locale al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minaccino l’incolumità dei cittadini; per l’esecuzione dei relativi ordini, può richiedere al questore, ove occorra, l’assistenza della forza pubblica”.

[2] Piano d’Azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno sulle Alpi centro-orientali (denominato PACOBACE), adottato dalle Amministrazioni territoriali coinvolte e approvato con Decreto direttoriale n. 1810 del 5 novembre 2008.  Rappresenta il documento di riferimento per la gestione dell’Orso bruno (ursus arctos) per le Regioni e le Province autonome delle Alpi centro-orientali, costituendo il primo esempio in Italia di Piano d’Azione concertato e formalmente approvato dagli Enti territoriali coinvolti.

Alla luce del notevole incremento demografico della popolazione dell’orso, con conseguente aumento delle situazioni problematiche, le amministrazioni hanno concordato con l’allora Ministero dell’Ambiente e Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale) una modifica del capitolo 3 del Piano d’Azione, che definisce l’“orso problematico” in maniera più precisa, prevedendo, nell’ambito della definizione del grado di problematicità dei possibili comportamenti di un orso e relative azioni possibili (Tabella 3.1), una serie di azioni particolarmente problematiche, per le quali può essere consentita l’attivazione di azioni energiche, comprese la cattura per captivazione permanente e l’abbattimento. Ferme restando tutte le azioni di dissuasione che dovranno essere poste in essere secondo la normativa vigente, viene mantenuta invariata l’obbligatorietà della richiesta di autorizzazione al Ministero per ogni intervento di rimozione.

Tale modifica, formalmente approvata dalle Amministrazioni coinvolte, è stata resa esecutiva con Decreto Direttoriale Prot. 0015137 PNM del 30 luglio 2015.

[3] Comportamento questo collocato al punto 18 della Tabella 3.1,  con conseguente previsione delle c.d. azioni di controllo energiche, integranti gli interventi di: cattura con rilascio allo scopo di spostamento e/o radiomarcaggio; cattura per captivazione permanente; abbattimento.

[4] Si leggano i futuri riferimenti al Ministero dell’Ambiente in ragione della sua denominazione all’epoca dei fatti.

[5] Per alcuni precedenti contributi pubblicati sul tema si rinvia a D. Russo, La (difficile?) convivenza dell’uomo con l’orso. Osservazioni sull’ordinanza del T.A.R. Trento, Sez. Un. 31 luglio 2020, in Diritto e giurisprudenza agraraia alimentare e dell’ambiente, 2020, 5; Id. Sicurezza pubblica e benessere animale. Osservazioni sull’ordinanza del Consiglio di Stato n. 7065/2020, in Diritto e giurisprudenza agraraia alimentare e dell’ambiente, 2021, 1.

Osservazioni sull’ordinanza del Consiglio di Stato n. 7065/2020, ivi, 2021,

[6] Consiglio di Stato, Sezione Terza, 19 gennaio 2021, n. 571.

[7] Specificatamente alle colture, all’allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e ad altre forme di proprietà, per garantire l’interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica (Corte Cost. 27 settembre 2019, n. 215).

[8] Cons. Stato, Sez. Terza, n. 571/2021 p. 13.

[9] Si tratta infatti di una valutazione espressione di ampia discrezionalità che, per giurisprudenza consolidata e costante, può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati.

[10] Aspetto, quest’ultimo, che riveste un’importanza cruciale nella motivazione della pronuncia in esame.

[11] La pronuncia di inammissibilità dell’appello incidentale, proposto dalla Provincia, si giustifica in ragione del difetto del requisito della soccombenza. La Provincia di Trento, infatti, contestava la sentenza nella parte in cui l’esercizio del potere di ordinanza veniva subordinato ad un quid pluris rispetto all’atto di aggredire senza essere provocato – atto in ogni caso ritenuto sussistente nel caso di specie – ammettendo così di impugnare una “statuizione, pur favorevole alle ragioni della Provincia nella parte in cui afferma il legittimo ricorso al potere di ordinanza”. Veniva, dunque, contestato il percorso motivatorio del Tribunale, pur difettando nel caso di specie l’imprescindibile requisito della soccombenza. Sul punto, si legga, ex multis, Consiglio di Stato, Sez. Terza, n. 2827/2016: “l’appello incidentale può essere validamente rivolto avverso un capo di decisione rispetto al quale sia configurabile una soccombenza, mentre non può in alcun modo essere proposto nei confronti di una locuzione della motivazione che non si è, tuttavia, tradotta in una decisione sfavorevole per la parte che la contesta con l’impugnazione incidentale, non essendo configurabile, in tale ultima fattispecie, alcun interesse processualmente rilevante alla sua correzione nel giudizio di secondo grado”.

[12] Quali quelle del soggetto aggredito, formalizzate solo in data 4 settembre 2020 e contrastanti con quanto dichiarato invece, nell’immediatezza del fatto, da altro soggetto presente al momento dell’aggressione.

[13] Cons. Stato, Sez. Terza, n. 7366/2021, p. 7.

[14] Cons. Stato, ibidem, p. 9.

[15] Per questa ragione anche dette “ordinanze libere”.

[16] Sul punto, per una trattazione tuttavia incentrata sul potere contingibile e urgente in relazione all’emergenza pandemica, P. Sorrentino, Emergenza, salus publica e Costituzione, in G. Chiesi-M. Santise, Diritto e Covid-19, Giappichelli, Torino, 2020, p. 439.

[17] Diversamente dalle Costituzioni francese, spagnola e ungherese, quella italiana si limita a prevedere la decretazione d’urgenza (decreti legge, art. 77 Cost.), lo Stato di guerra (art. 78) ed il potere sostitutivo dello Stato ai sensi dell’art. 120 comma 2 Cost.

[18] D.P.R. n. 357 del 1997.

[19] Art 11 comma 1, d.P.R. n. 357/1997.

[20] In più, si legge nella sentenza in commento, che il parere Ispra – dalla cui acquisizione il Presidente della Provincia e lo stesso tar Trento avevano ritenuto di poter prescindere – ha natura assolutamente necessaria e infungibile, anche alla luce del bilanciamento tra diversi interessi in gioco.

[21] Così affermato da Cons. Stato, Sez. Terza, n. 571/2021.

[22] Si legga al riguardo P.L. Portaluri, Lupus lupo non homo. Diritto umano per l’ethos degli “animali”?, in Il diritto dell’economia, anno 4 n. 97 (3 2018), pp. 658-774 per il tema dell’estensione della soggettività giuridica, e della relativa azionabilità dei diritti, alle creature non umane. Il contributo, oltre a ricostruire il tema dal punto di vista diacronico e su diversi piani di complessità, offre un’interessante riflessione (mediante il richiamo a P. Singer, Animal liberation, 1975, ed. it. Liberazione Animale, Milano, 2003) sull’intrinseco legame tra specismo, razzismo e sessismo, imponendo così una considerazione sull’imprescindibilità di un approccio intersezionale per il perseguimento di un’uguaglianza effettiva.

Si legga anche G. Demuro, I diritti della Natura, in Federalismi.it, editoriale, 23 febbraio 2022.

[23] Sul punto si richiama ancora, per un’esaustiva trattazione in chiave critica, P.L. Portaluri, Lupus lupo non homo., op. cit. e P.L. Portaluri, La cambiale di Forsthoff. Creazionismo giurisprudenziale e diritto al giudice amministrativo, Napoli, 2021, capitolo sesto per una proposta di superamento radicale del diritto soggettivo tradizionale mediante un’apertura alla “nuova situazione spiccatamente transizionale dei diritti trans-soggettivi”, i quali “né si terminano in un oggetto, né si esauriscono in un soggetto, piuttosto li attraversano per propagarsi altrove, senza mai soffermarsi su un titolare. Sono diritti senza padrone”( P. Femia, Transsubjektive (Gegen)Rechteoder die Notwendigkeit die Wolken in einen Sack zu fangen, in A. Fischer- Lescano, H. Franzki, J. Horst (per cura di), Gegenrechte. Rechte jenseits des Subjekts, Tübingen, Mohr Siebeck, 2018, p. 351).

[24] Cfr. F. Capra, U. Mattei, Ecologia del diritto. Scienza politica, beni comuni, Sansepolcro, 2017.

[25] Come si legge a p. 7 della memoria di replica della Provincia Autonoma di Trento.

[26] Nonché con i principi di tipicità e nominatività. Tale potere si concreta, come detto, infatti, in provvedimenti, quali le ordinanze extra ordinem, previste dal legislatore quanto all’attribuzione del potere, e dunque nominate, ma libere nei contenuti e comunque subordinate al rispetto dei principi generali dell’ordinamento.

[27] Detto altrimenti, il potere di ordinanza “presuppone situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere accertata attraverso un’adeguata istruttoria e suffragata da congrua motivazione, poiché solo in ragione di tali situazioni si può giustificare la deviazione dal principio di legalità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla normativa vigente, stante la configurazione residuale, a chiusura del sistema, di tali tipologie di provvedimenti” (T.A.R. Trento 16 aprile 2021, n. 56, Camera di consiglio del 25 marzo 2021).

Fonte: giustiziainsieme.it

PDF Sentenza:

cds-terza-7366-2021-orso-1


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