Desidero ringraziare la KAS per l’invito a prendere la parola davanti ad una platea così qualificata, in un momento in cui credo debbano essere dette parole di franchezza ma anche di speranza sul futuro dell’Europa e sul contributo che Italia e Germania potranno apportare.
Sono qui come Ministro dimissionario del Governo italiano ma come Europeista in carica, oggi e sempre. Gli ideali di un’Europa forte e unita in cui mi sono formato sono stati confermati dall’esperienza e dai contatti quotidiani dei quasi 10 anni da Ministro degli Esteri e Commissario europeo. L’incarico prestigioso di Presidente della Fondazione Alcide de Gasperi, che mi è stato recentemente affidato e che mi onora, riconosce queste mie credenziali e mi offre l’opportunità di continuare a lavorare in futuro con la KAS per la promozione degli ideali europei.
1) L’Unione come progetto irreversibile.
Signore e signori,è diffusa l’impressione che la crisi in atto costituisca un fatto senza precedenti nella storia europea, tale da arrivare a minacciare le basi della nostra unità. In questo momento di apprensione per le sorti del continente, non è ozioso ricordare all’opinione pubblica che l’Unione Europea ha conosciuto numerose battute d’arresto, senza che mai venissero messi seriamente in discussione i suoi presupposti. Il susseguirsi di successi e fallimenti è anzi la cifra identitaria del processo di integrazione europeo.
La Comunità Europea di Difesa, embrione di integrazione militare fortemente voluto dal Presidente De Gasperi, non arrivò mai a realizzarsi ma inaugurò una riflessione sull’integrazione militare ed il coordinamento delle politiche di difesa che continua ancora oggi. Il trauma causato dalle crisi petrolifere del 1973 e del 1979 lasciò segni profondi nelle nostre economie e società, ma trovammo le energie per reagire e creare il sistema monetario europeo. La caduta del muro di Berlino aprì scenari inediti sull’estensione dell’Europa, ma un alto senso della storia ci fece optare rapidamente per un processo di allargamento ampio e generoso. La delusione per la bocciatura della Costituzione europea fu superata aprendo la strada al negoziato per il Trattato di Lisbona.
Questa volta non sarà diverso, ne sono profondamente convinto. Dall’Unione non si torna indietro. Noi siamo i pedali, e la bicicletta dell’Europa può andare soltanto in avanti. Se si ferma, cade. Occorre tamponare la crisi ma contemporaneamente disegnare soluzioni di lungo periodo che accrescano il livello di integrazione europea.
Ciò che rende unica la UE è la sua capacità di plasmare gli Stati nazionali affinché si adattino progressivamente agli obiettivi concordati, riformandosi ed eventualmente rinunciando a orientamenti radicati nell’esperienza nazionale. E’ successo con tutti i processi via via condivisi, come l’Accordo di Schengen o l’allargamento.
Sta avvenendo anche con l’Euro, seppur in una fase critica e con pressioni crescenti sugli Stati nazionali. La necessità di sostenere la moneta unica sta gradualmente trasformando le economie nazionali, accelerando le riforme troppo spesso rinviate. Accade anche in Italia e credo che il gesto di alta responsabilità istituzionale di Berlusconi vada riconosciuto come il momento di avvio di una fase transitoria importante che permetterà, ne sono certo, al prof. Monti, di fare bene e presto per il mio Paese.
L’obiettivo di difendere la moneta unica sta inoltre spingendo tutti i Paesi a convergere su soluzioni rapide per rimediare agli errori del passato.
Ad esempio, nel corso degli ultimi due anni abbiamo fatto molto per reagire all’emergenza. Ci siamo dati regole chiare e strumenti efficaci con gli obiettivi di far tornare l’Europa sui binari della crescita economica, ma anche di stimolare gli Stati membri ad un consolidamento delle finanze pubbliche. La politica della crescita si deve conciliare con la disciplina fiscale: è la cultura della stabilità, che so essere cara al Governo e alla mentalità tedesca.Occorre ora fare di più e più in fretta.
2) Il caso italiano: fragilità ma coscienza dei propositiSignore e signori,Il contagio all’Europa della crisi economica scoppiata nel 2008 negli Stati Uniti e poi trasferita ai debiti sovrani, è sembrato far vacillare la fermezza con cui siamo chiamati a difendere l’Euro. Anziché mantenere salde le redini di un approccio condiviso al salvataggio greco, abbiamo all’inizio e per molto tempo tentennato, accentuando le divisioni fra Paesi membri e lasciando spazio alla speculazione finanziaria.
Nella difficoltà di superare condizionamenti locali e di mettere a punto strategie lungimiranti, abbiamo dubitato di noi stessi e della nostra missione come politici europei. E’ sembrato a tratti che lo sconforto fosse destinato a prevalere sulla determinazione. “Lo scoraggiamento – diceva De Gasperi – è il pericolo principale delle democrazie. Per infondere coraggio servono la coscienza profonda e la certezza di attuare il proprio proposito”.
L’Italia ha coscienza profonda di quali siano gli obblighi verso i suoi partner e le misure da intraprendere con urgenza. Permettetemi tuttavia di fare chiarezza sulla situazione in cui oggi si trova l’Italia, da tre mesi oggetto di un attacco speculativo senza precedenti, che punta al cuore del nostro sistema economico e finanziario.
L’Italia è un Paese solido, serio, con una forte base industriale e manifatturiera ed una tradizione imprenditoriale vitale, spesso citata ad esempio per quanto riguarda la piccola e media impresa. Abbiamo sempre onorato i debiti e rispettato gli impegni europei e internazionali. Non abbiamo squilibri macroeconomici gravi, bolle immobiliari o finanziarie. Il risparmio delle famiglie italiane è tradizionalmente molto alto, mentre il rapporto deficit/PIL si è mantenuto negli ultimi anni su valori non lontani da quelli tedeschi, a testimonianza di una linea di rigore che non nasce oggi. Il sistema bancario, oggetto negli anni ’90 di un processo di privatizzazione dagli esiti positivi, è solido, come dimostra l’assenza di interventi pubblici sostenuti.
Certamente, conviviamo da troppo tempo con un problema di bassa crescita e di eccessivo debito pubblico. Ne siamo consapevoli e abbiamo agito in questi mesi per porre rimedio, a cominciare da un pacchetto di misure per quasi 60 miliardi e dall’impegno a introdurre nella Costituzione la regola d’oro del pareggio. Il pacchetto importante di misure che abbiamo presentato al Vertice Europeo del 26 ottobre e che il nuovo Governo si appresta ad attuare con tempestività, è stato accolto con favore tanto dall’Unione Europea quanto dal G20 e dal Fondo Monetario.
I nostri fondamentali economici sono solidi e abbiamo preso impegni puntuali. Come si giustifica, allora, l’accanimento dei mercati contro il nostro Paese? Come spieghiamo che altri Paesi che presentano fragilità anche notevoli, non sperimentano le stesse difficoltà ?
Abbiamo la responsabilità di aver troppo a lungo esitato nell’intraprendere quel cammino di riforme e quel salto di qualità che ci viene giustamente chiesto, in quest’ora critica, dalle istituzioni comunitarie. La nostra credibilità politica è stata messa a dura prova.
Io credo però che vi sia anche una seconda risposta, altrettanto valida. Scontiamo la percezione che dietro la moneta unica vi siano esitazioni, reticenze e meccanismi di governo dell’economia incompiuti. Mai come in questo momento il processo decisionale dell’UE, di per sé fisiologicamente complesso, si è rivelato inadeguato rispetto all’impatto dei mercati, che agiscono con estrema rapidità su scala planetaria, a volte con fini speculativi.
3) La natura politica della crisi in atto. Ecco allora che, se la fotografia degli accadimenti di questi mesi tende a mostrare il progetto politico europeo messo in scacco da una crisi economica virulenta, la realtà è piuttosto quella di una crisi della Politica europea. Il vuoto di fiducia in governanti ed istituzioni comunitarie, incapaci di mostrare compattezza e fermezza per far prevalere il principio di solidarietà europea e salvare la moneta unica, è stato occupato dai mercati.
Dobbiamo riportare la Politica al centro della strategia dell’Unione.In primo luogo per correggere gli squilibri che hanno determinato le condizioni attuali. E’ ormai evidente che non giochiamo ad armi pari con le altre potenze economiche mondiali. Grava sulla situazione europea il peccato originale di una moneta unica creata senza l’appoggio di un’autorità economica comune, in grado di prendere decisioni rapide, assicurare la necessaria convergenza della politica economica e la sostenibilità dei conti pubblici dei Paesi euro. Fu l’incompiuta di Maastricht, che ancora oggi pesa su di noi.
E’ l’ora delle scelte coraggiose, lungimiranti e creative, con l’obiettivo finale di avere più Europa. Il Governo italiano valuterà in modo costruttivo le proposte che verranno presentate, tenendo presente, tuttavia, che l’ipotesi di una modifica dei Trattati potrebbe essere prematura.Non è il momento di dare spazio a recriminazioni ed egoismi nazionali, né di prefigurare un’Europa a due velocità divisa tra Paesi virtuosi e non virtuosi, categorie che paiono quasi il frutto di un giudizio di carattere etico.
Occorre maggiore solidarietà nell’interesse di tutti gli Stati membri, da abbinare a politiche virtuose di stabilità e rigore. Non illudiamoci che il contagio si fermi sulle rive del Tevere. Abbiamo tutti da perdere da una crisi che metta in discussione la moneta comune, che andrebbe poi inevitabilmente ad incidere sul mercato interno. L’Unione non è un gioco a somma zero ma piuttosto una win-win solution. Tutti abbiamo accettato regole comuni perché ne abbiamo visto la convenienza. Tutti abbiamo delle responsabilità – sebbene in grado diverso – per non averle sempre rispettate e tutti dobbiamo sentirci coinvolti nella ricerca di soluzioni di lungo periodo.
E’ infatti indispensabile ritornare con decisione al metodo comunitario. Siamo un’Unione a 27 e per essere efficaci, le riforme devono essere condivise da tutti gli Stati membri. Il ricorso a consultazioni intergovernative in formato ristretto scardina questo metodo, indebolendo il sentimento nazionale di responsabilità e di partecipazione ad uno sforzo collettivo, senza garantire efficacia e trasparenza.Soltanto un’Unione più marcatamente politica potrà inserire nuovamente il mercato nella cornice di indirizzi ed orientamenti che abbiano al centro l’uomo e i suoi diritti. Gli eccessi e gli azzardi che hanno originato la crisi mostrano un divario preoccupante della finanza dall’economia reale, dalla produzione di beni e servizi utili al progresso dell’uomo.
Il riaffiorare dello scetticismo antieuropeista ed il malessere delle opinioni pubbliche per le misure di austerità già adottate e per quelle che si preannunciano, potranno essere sconfitti solo valorizzando le ragioni – ed i vantaggi – della coesione e mettendo in guardia contro i costi di un eventuale sfaldamento dell’Eurozona.
Un’Unione con una più decisa componente politica significa un’Unione in grado di salvaguardare la sua specificità ed il suo ruolo nel mondo. L’economia sociale di mercato, lo Stato di diritto, la tutela delle minoranze: sono questi i tratti distintivi che giustificano il ruolo ispiratore, se non trainante, che l’Unione esercita da sempre in seno alla comunità internazionale. Non in virtù del prodotto interno lordo accumulato dei nostri Paesi, ma della cultura umanistica di cui siamo portatori.
4) Italia e GermaniaItalia e Germania hanno il dovere storico di portare a compimento il disegno dei padri fondatori.L’intesa costruttiva tra Germania e Francia è la pietra angolare della costruzione europea e ci attendiamo che venga costantemente puntellata, al di là delle contingenze politiche. Solo con il coinvolgimento dell’Italia, tuttavia, il progetto dei fondatori era ed è realmente europeo nella sua accezione più ampia, non limitata all’Europa centrale.
De Gasperi e Adenauer iniziarono, insieme a Schuman, un’opera paziente e irreversibile di consolidamento degli argini comuni contro i fiumi dell’egoismo nazionale, che tanto danno hanno prodotto in passato e che rischierebbero oggi di condannarci all’irrilevanza nei mutati scenari internazionali. Non a caso entrambi provenivano dalle regioni di frontiera dei rispettivi Paesi, là dove più forti sono i sentimenti nazionalistici ma più acuta – per chi sa coglierla – è l’esigenza della concordia fra i popoli.
Oggi la minaccia alla nostra stabilità proviene da forze sovranazionali e trasversali. E’ il mercato, entità astratta non soggetta al vaglio democratico e non partecipe di quel “contratto sociale” che dovrebbe legare politica, economia e cittadinanza, che minaccia di portarci via il sogno europeo. Un sogno che abbiamo tenuto vivo nonostante difficoltà che parevano insormontabili e di cui la città di Berlino è testimonianza e monito vivente.
L’Italia è determinata a rimettere ordine in casa con senso di responsabilità e di urgenza. Possiamo far ricorso ai numerosi talenti di cui disponiamo ed alle risorse del nostro spirito nazionale, che sono tante e per le quali sappiamo esserci sincero apprezzamento in Germania.
Abbattere il debito pubblico, stimolare la crescita e rilanciare la competitività sono le principali sfide che abbiamo di fronte. Richiederanno misure impopolari e la ricerca quotidiana di un consenso parlamentare trasversale alle forze politiche.
Nell’accingerci a questo percorso in salita, facciamo affidamento sull’accompagnamento dell’Europa ed in particolare sull’amicizia e la collaborazione della Germania.
Il posto dell’Italia è tra i protagonisti dell’Europa, al vostro fianco, per contribuire a gettare le basi di una vera governance delle politiche economiche dell’Unione, obiettivo ineludibile ed opportunità straordinaria che ci viene offerta in questi tempi di crisi. Grazie.