Intervista

L’Italia e la lotta alla povertà nel mondo

Il rapporto è corredato dalle interviste rilasciate da cinque esponenti della scena politica italiana
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Intervista del Ministro Frattini ad Actionaid oer Il Rapporto “Fuori Classe”

“Fuori classe”, questo il titolo del rapporto di ActionAid “L’Italia e la lotta alla povertà nel mondo”, che analizza il mantenimento degli impegni sottoscritti dal nostro Paese rispetto a iniziative di lotta alla povertà nel mondo e fa il punto sul dibattito nazionale e internazionale riguardante le politiche pubbliche di cooperazione allo sviluppo.

Il rapporto è corredato dalle interviste rilasciate da cinque esponenti della scena politica italiana: F. Frattini, G. Fini, N. Vendola, A. Di Pietro, P. Bersani.

Il Ministro degli Esteri Franco Frattini è il primo intervistato.

Negli ultimi mesi l’Italia si è trovata ad affrontare grandi questioni di politica estera. Il tema della cooperazione allo sviluppo, però, non è stato al centro delle decisioni prese dal nostro Paese, nonostante si sia parlato spesso di cooperazione come soluzione per le cause che hanno generato queste crisi. Alla luce di tutto questo, quindi, per quale motivo è importante fare cooperazione, anche andando oltre l’interesse nazionale?
Lo strumento della cooperazione è sempre stato funzionale a due grandi finalità, tra loro sinergiche: i nostri scopi di politica estera e gli Obiettivi del Millennio. Pongo l’accento sulla sinergia, perché la politica estera italiana è stata ed è, al di là degli schieramenti e di differenze contingenti, una politica di Stato. Persegue finalità nell’interesse permanente del paese come quelle della pace, dei diritti umani, della stabilità delle aree geografiche prossime, di una proficua collaborazione internazionale per affrontare le sfide globali e dell’internazionalizzazione del nostro sistema, in tutte i suoi elementi.
Gli Obiettivi del Millennio, al cui Vertice di settembre a New York ho partecipato, costituiscono il riferimento fondamentale delle nostre politiche di cooperazione. Sono del tutto coerenti, oltre che con la promozione della pace, della stabilità e dei diritti in cui siamo tradizionalmente impegnati come Paese, sia con i nostri interessi di sicurezza – perché povertà, pandemie e degrado ambientale pongono rischi di varia natura per la nostra sicurezza interna oltre che internazionale – sia con quelli relativi alla collaborazione e alla presenza del sistema Italia nei paesi partner, con cui cooperiamo per favorirne uno sviluppo equo e sostenibile. La misura e le forme del nostro attuale impegno in Nord Africa danno il senso concreto di quanto ho appena osservato, ma potrei ugualmente citare gli interventi di stabilizzazione e di cooperazione civile in paesi come il Libano e l’Afghanistan.

Quale ritiene sia la posizione dell’Italia dopo il disinvestimento finanziario in cooperazione allo sviluppo?
È ovvio che i tagli al bilancio della cooperazione non giovano alla nostra posizione nei paesi dove eroghiamo un volume di aiuti inferiore al passato e in organizzazioni internazionali dove il nostro peso relativo sta diminuendo. Abbiamo fronteggiato le ripercussioni di una crisi finanziaria internazionale, che il nostro sistema bancario e finanziario ha subito e non certo concorso a provocare, in condizioni di particolare debolezza per l’enorme debito pubblico, eppure ne stiamo uscendo in condizioni migliori di altri paesi. Come saprà, il Commitment to Development Index 2010, un indice di riconosciuto valore elaborato da un centro di ricerca prestigioso e indipendente come il Center for Global Development, classifica i paesi ricchi per il contributo che complessivamente danno, in varie forme, alla lotta alla povertà a livello mondiale. Ebbene, l’Italia vi figura sostanzialmente allineata a paesi come il Regno Unito e la Francia, che erogano aiuto pubblico allo sviluppo in misura nettamente superiore alla nostra.
Una ragione di fondo c’è, al di là delle specifiche aree di valutazione monitorate in questo indice. A mio avviso, risiede nell’intrinseca vocazione del nostro sistema paese e delle nostre politiche pubbliche rilevanti per i paesi poveri, alla non affermazione egoistica dei propri interessi, ben al di là dell’aiuto pubblico allo sviluppo che, del resto, mantiene la sua importanza ma è oggetto di un ripensamento profondo su scala internazionale. Per la stessa agenda ONU sul finanziamento dello sviluppo, com’è noto, è solo una delle molteplici componenti rilevanti.

Un breve bilancio della cooperazione internazionale nel 2010. Un voto da 1 a 10 per l’Italia, perché?
Nel 2010 la cooperazione internazionale allo sviluppo, intesa proprio nella sua multidimensionalità, ha continuato a svolgere un prezioso ruolo anticiclico rispetto agli effetti delle varie crisi susseguitesi negli ultimi anni. Ritengo che l’emergere di un marcato profilo pro-sviluppo nel G20 – in modo complementare rispetto a quello del G8 cui la nostra Presidenza dell’anno precedente aveva dato un impulso ampiamente riconosciutoci – sia stato un fattore molto positivo, i cui seguiti la Presidenza francese di quest’anno sta curando in maniera intelligente.

L’Italia – nonostante le esigenze di rigore finanziario che mi auguro possano diventare meno pressanti e soprattutto più selettivamente applicate, consentendoci quel progressivo reinvestimento in aiuti allo sviluppo che anch’io considero auspicabile – penso meriti un voto più che sufficiente anche in cooperazione allo sviluppo. Abbiamo proseguito l’azione razionalizzatrice e di riforma interna avviata nel 2009, abbiamo continuato ad allinearci agli standard internazionali di efficacia, anche sulla strada preparatoria del IV Foro di Alto livello di Busan della fine di quest’anno, abbiamo consolidato l’attività di raccordo con altre amministrazioni, università, ONG e mondo imprenditoriale.

Nel 2010 è stato anche lanciato, dalla DGCS del MAE con mio pieno sostegno, insieme alla Direzione Rapporti Finanziari Internazionali del Ministero dell’Economia e Finanze, un approccio di carattere sistemico e interistituzionale, con attori pubblici e privati di cooperazione, di cui anche il vostro rapporto mi sembra abbia colto il senso innovativo. Siamo diventati più selettivi, più attenti al risultato e complessivamente più moderni, se mi consente l’espressione, nonostante una legge molto invecchiata.

Ipotizziamo che tra qualche mese si dovesse andare alle elezioni politiche. In un possibile manifesto o programma elettorale, quale priorità avrebbe la lotta alla povertà nel mondo? Sarebbe disponibile a un confronto pubblico con altri leader politici per discutere di questo tema?
Eviterei di parlare di elezioni anche perché ritengo che questo governo possa portare a termine il suo programma fino a fine legislatura. Da Ministro degli Esteri confermo che per l’Italia la lotta alla povertà è e resterà una priorità. Al confronto sono sempre pronto, è il sale della democrazia.


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