Dall’India alla Nigeria, le riflessioni dell’ex ministro Frattini: “Il mio consiglio aMonti? Una consultazione continua sui temi esteri” – L’INTERVISTA SU PANORAMA.IT
di Stefano Vespa
Una condivisione politica sui temi di politica estera tra il governo e la maggioranza che lo sostiene sarà la prima conseguenza delle crisi internazionali, dai marò arrestati in India alla morte dell’ostaggio Franco Lamolinara in Nigeria, che hanno caratterizzato negativamente l’attività della Farnesina in questi pochi mesi di governo di Mario Monti. In questa intervista esclusiva a Panorama.it, l’ex ministro degli Esteri Franco Frattini analizza quanto accaduto e suggerisce i correttivi da apportare.
Onorevole Frattini, nessuno avrebbe pensato che un governo tecnico nato per un’emergenza economico-finanziaria avrebbe avuto seri problemi in politica estera. Troppa prudenza, sottovalutazione o altro?
Un governo tecnico deve affrontare certi problemi come qualunque altro esecutivo. Dopo i casi dei marò in India e dell’ostaggio ucciso ho suggerito al presidente Monti una consultazione continua sui temi esteri tra il governo e i tre partiti che lo sostengono. La prima riunione è fissata per il 30 marzo quando il ministro Giulio Terzi si incontrerà con me per il Pdl, con Lapo Pistelli per il Pd e probabilmente con Pier Ferdinando Casini per il Terzo Polo. Terzi ha capito che non lo lasceremo solo.
Parliamo di Massimiliano Latorre e di Salvatore Girone, i marò del San Marco arrestati in India perché accusati di aver ucciso due pescatori indiani. Fin dalla decisione dell’armatore di far entrare la petroliera Enrica Lexie nel porto indiano lasciando le acque internazionali gli errori sono stati molteplici. Che cosa non ha funzionato?
Intanto vanno riviste le regole d’ingaggio relative all’impiego dei militari su navi civili con compiti antipirateria. In caso di conflitto a fuoco chi decide? L’ingresso in porto è stato solo il primo errore. Va chiarito anche chi ha fatto scendere i nostri due militari dalla nave, che è territorio italiano. Non mi convince la tesi dell’atto di forza da parte degli indiani, perché salire sulla nave, quindi in territorio italiano, e armati equivale a un atto di guerra. Infine, terzo errore, non si può consentire successivamente agli indiani di salire nuovamente a bordo e di sequestrare le armi dei fucilieri del San Marco senza poter poi assistere alla perizia balistica.
Il sequestro di Paolo Bosusco e di Guido Colangelo, la guida e il turista nelle mani dei maoisti indiani, complica o agevola la soluzione della vicenda dei marò?
Le due vicende vanno assolutamente tenute distinte. Sarebbe pericoloso se l’India si impegnasse su un fronte a danno dell’altro. Non si può pensare a scambi di alcun tipo.
Nel caso dell’ostaggio ucciso in Nigeria in un blitz delle forze speciali inglesi è mancata più la qualità e quantità di informazioni dei nostri servizi segreti o la collaborazione diplomatica italo-inglese?
Credo ci sia stato un problema di intelligence. Non a caso Monti ha subito convocato il Cisr, il comitato interministeriale per la sicurezza della repubblica. Anche qui va accertato il tipo di informazioni che la nostra intelligence aveva e modi e tempi della loro comunicazione al governo. Sono certo che dalla relazione annuale che il Copasir (il comitato parlamentare che controlla i servizi, ndr) presenterà al Parlamento si capirà com’è andata.
Sono ancora numerosi gli ostaggi italiani in varie parti del mondo. Quanto è avvenuto in India e in Nigeria cambia la strategia della Farnesina?
L’esperienza mi dice che la politica deve fare opera di prevenzione. Quando ho lasciato il ministero erano ben 108 le navi sequestrate dai pirati somali nonostante in quelle acque ci siano le navi della missione Atlanta, della Nato e di dieci paesi tra cui India e Cina. E’ più utile sostenere il governo somalo nel riprendere il controllo del territorio. Si vince a terra, non in mare.