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Non si sa chi siamo e dove andiamo Silvio si contraddice, serve chiarezza

Intervista Franco Frattini al Corriere della Sera
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È sera e Franco Frattini è appena sceso da un aereo. Il tempo è cupo e non solo dal punto di vista atmosferico. Parla del Pdl e dice: «Nessuno riesce a capire chi siamo e dove andiamo». Parla delle primarie in casa propria e afferma sconsolato: «Come si diceva una volta in gergo militare: mi sembra che le truppe abbiano abbandonato la trincea». 

Allora, Frattini, che succede? «Nessuno lo sa: si leggono molti retroscena, ma Berlusconi in persona non parla, la confusione è completa». 

E le primarie? «Bah! Al punto in cui siamo, anche se fossero confermate quanti parteciperebbero? Non più di centomila. Ma è chiaro che non si tratta di un problema organizzativo (il partito solo poco tempo fa ha tesserato un milione di persone) ma politico. E invece il Pd ha ottenuto, nonostante le polemiche, un grande risultato innegabile e positivo: basta guardare non solo l’affluenza ai seggi ma anche i dati dell’ascolto tv del confronto Bersani-Renzi. Ebbene davanti a questo successo… ». 

Che farà Berlusconi? «Francamente non lo so. Lui non lo dice: io prendo nota che prima ha scritto quattro cartelle che dicevano una cosa, poi ha fatto un video che contraddiceva questo scritto, adesso siamo ai retroscena. Quanto alle primarie, Alfano non ha fatto neanche lui un annuncio chiaro, e poi le primarie erano state decise dall’Ufficio di presidenza del partito. Non è che possano essere cancellate così…». 

L’ufficio di presidenza è stato convocato per settimana prossima… «Spero in un chiarimento che sia definitivo». 

Lei cosa auspica? «Un opportuno chiarimento tra il segretario Alfano e Berlusconi, perché il risultato finale di tutto ciò qual è? Che avremo Bersani a Palazzo Chigi e Vendola sarà indispensabile per sostenere il futuro governo. E questo non è un bene per il Paese. Ecco, bisogna costruire e subito qualcosa di alternativo » 

Non sembra affatto facile… «Il Foglio ieri ha pubblicato un sondaggio che attribuisce un 30-35 per cento al potenziale bacino d’utenza dei moderati… Ma è un bacino di votanti disillusi: insomma, per motivarli ci vuole una proposta politica seria. Bisogna costruire una confederazione di liste moderate». 
Non un contenitore unico? «Non penso che si possa fare in poche settimane, e poi la legge elettorale, se sarà poco modificata rispetto a oggi, darà pur sempre il premio di maggioranza alla coalizione». 
Una confederazione che parta dal Pdl? «Certo». 

Ma cosa terrà in piedi il Pdl? «I valori e i principi di un popolarismo riformista: essere cioè i rappresentanti in Italia del Ppe europeo». 

E al centro di Casini e Montezemolo cosa ha da dire? «A loro dico: basta tatticismi. Altrimenti Berlusconi dirà: “Ecco dimostrato che non ero io l’ostacolo all’unificazione dei moderati”. Chiedo a Casini e Montezemolo un minimo di sintonia». 

Sintonia in base a cosa? «Con i principi del Ppe: prendiamoci questa responsabilità per il bene del Paese. Facciamo una Grande Federazione dei moderati, che guardi all’Europa». 

Gli ex An cosa faranno? «Non credo che un Alemanno o un Matteoli possano lasciare un partito che si richiami al popolarismo riformista. E francamente non penso che lo farà neppure Giorgia Meloni che nei giorni scorsi ha dichiarato esplicitamente di volere più Europa». 

A proposito, il Ppe è preoccupato pensando a quello che sta capitando al Pdl? «Ho parlato a lungo ieri al telefono con il nostro presidente Wilfried Martens: sì, ci stanno guardando con attenzione, con preoccupazione. Eppure, per il Pdl, l’unico punto da cui si può ripartire sono i valori di un popolarismo riformista». 

Che rapporto vorrebbe tra il Pdl, la federazione dei moderati e Mario Monti? «Il problema sono i contenuti: ecco, il Pdl deve fare propria l’Agenda Monti. Mentre non bisognerebbe tirare troppo per la giacca il premier, come invece ho visto fare molti, in questi tempi. Pronti certo a recepire subito la disponibilità del presidente del Consiglio se decidesse in questo senso».


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