Di soluzioni alternative ne sono state individuate tante. Così come molti sono stati i contributi arrivati in questi giorni da parte di esperti e organizzazioni che agiscono a tutela degli animali. Ma sulla vicenda degli orsi in Trentino le istituzioni sembrano voler seguire un unico e crudele percorso: rinunciare alla preziosa testimonianza di biodiversità che gli orsi portano nella provincia, e, quindi, ricorrere anche a mezzi letali verso i plantigradi a tutela del controllo e gestione dei territori boschivi della zona.
Si commette un errore quando si sbagli una volta. Quando si è recidivi, invece, si chiama arroganza dell’ottusità. E così è, evidentemente, se dopo la sciagurata decisione che un anno fa aveva portato alla cattura e alla morte dell’orsa Daniza, ci ritroviamo oggi a riproporre un trattamento simile verso una nuova orsa: Kj2, il plantigrado responsabile dell’aggressione di un uomo a Cadine il 10 giugno scorso e che rischia di essere rinchiuso nell’area del Casteller o addirittura di essere abbattuto.
L’ho detto e lo ripeto: di soluzioni per garantire la sicurezza del territorio e dei suoi abitanti ce ne sarebbero tante, ma chissà perché in Italia il dibattito ottuso deve sempre avere la meglio. In Canada e in Alaska sono riusciti con successo a convivere con migliaia di plantigradi senza mai fare riscorso a strumenti letali o nocivi per l’animale.
Mi auguro, quindi, che chi nelle prossime ore andrà a prendere una decisione sul destino dell’orsa Kj2 pensi ai suoi cuccioli, alle difficoltà che avrebbero nel vivere lontano dalla loro mamma, alla tutela della biodiversità dell’Italia, ma soprattutto alla regola aurea dei boschi, laddove l’intruso è l’uomo e non l’animale.
Bastano pochi accorgimenti per risolvere e tenere a bada il problema: come ho detto qualche giorno fa non serve un kit alla Rambo, ma più informazione, comparazione ed emulazione delle soluzioni che hanno avuto successo all’estero.