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Frattini: L’esperienza italiana, basata sul dialogo e sul principio di inclusività, può contribuire a risolvere i “frozen conflict” sparsi nell’area orientale dell’Europa

Osce: presidente Sioi Frattini a “Nova”, esperienza italiana può contribuire a risolvere “frozen conflict” in Europa
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L’esperienza italiana, basata sul dialogo e sul principio di inclusività, può contribuire a risolvere i “frozen conflict” sparsi nell’area orientale dell’Europa: è questo il parere del presidente della SIOI e nuovo rappresentante speciale della presidenza italiana di turno dell’Osce per la Transnistria, Franco Frattini. 
Intervistato da “Agenzia Nova”, Frattini ha illustrato la situazione attualmente in corso nella regione separatista filorussa situata nell’area orientale della Moldova e il focus di questo suo incarico annuale. Attenzione particolare anche ai negoziati nel formato 5+2 (Russia, Moldova, Transnistria, Ucraina e l’Osce, cui si aggiungono Unione europea e Stati Uniti in qualità di osservatori) e sulla situazione interna al paese est europeo, minata da una marcata instabilità che rischia di ostacolare un positivo andamento del processo di risoluzione della questione transnistriana. 
Infine, un cenno sugli altri “conflitti prolungati” in Europa orientale e sulle capacità dell’Italia di contribuire a una loro positiva risoluzione. In primis il presidente Frattini ha illustrato “i tre fattori di complessità” in cui versa la Transnistria al momento. 
“Il primo è che la regione dopo molti anni, grazie all’aiuto che viene da Mosca, ha oggettivamente accresciuto il suo livello di ‘benessere locale’ e ciò rende i cittadini ancora più convinti che soltanto il ‘protettorato’ della Russia può essere una garanzia di continuare a stare bene. Il nuovo governatore, che è un russo, è una persona che ha molta più visione e flessibilità rispetto ai suoi predecessori e questo è un fattore di complessità positivo”, spiega l’ex ministro degli Esteri. 
“Il secondo fattore è la situazione in Moldova: è complessa, ed è in corso una crisi istituzionale senza precedenti. Il presidente che è il capo del Partito socialista, filorusso e che oggi secondo i sondaggi ha un notevole consenso, è stato interdetto da alcune sue funzioni perché si rifiutava di nominare alcuni ministri. Questi sono stati nominati in seguito a una sentenza della Corte costituzionale dal presidente del parlamento. In più c’è un governo in cui il premier è un personaggio che esprime un partito che non è quello di maggioranza; vi è dunque quello che si direbbe un governo di minoranza, e ci si prepara a delle elezioni generali che si svolgeranno nel 2018, ed è quindi la stessa Moldova che potrebbe avere più durezza negoziale perché tutti i partiti si posizionano in vista della campagna elettorale”, ha aggiunto Frattini. 
Il terzo fattore, infine, è “il ruolo che giocano l’Europa e le organizzazioni internazionali, compreso l’Osce”. “Credo che bisogna dire con grande chiarezza, che in quella situazione come in altre, l’Osce ha fatto meno errori dell’Europa: spesso l’Europa ha la tendenza a dire ‘o stai con l’Ue o stai con la Russia’: niente di più sbagliato. Accadde con l’Ucraina ed ecco il disastro in cui ci troviamo; hanno provato a farlo con la Serbia, e giustamente il presidente Aleksandar Vucic ha detto che l’amicizia storica con Mosca non si tocca”, ha affermato Frattini. 
L’Osce a differenza dell’Ue questi aut aut non li pone, quindi io credo che noi dovremmo orientare verso una guida dell’Osce di questa crisi perché oggettivamente l’organizzazione ha provato sempre a fare meglio. Ricordo quando ero ministro, mi battei per una missione dell’Osce al confine fra Georgia, Abkhazia e Ossezia del Sud e fu una chiave per fermare il conflitto vero e proprio. Il monitoraggio dell’Osce, la presenza di una missione, per esempio in quella crisi, fu determinante. Come lo è in Transnistria attraverso la partecipazione ai negoziati nel formato 5+2″, ha aggiunto il presidente della Sioi. 
Concentrandosi proprio sul tema dei negoziati Frattini ha sottolineato che poco prima della conclusione della presidenza austriaca dell’Osce si sono messe a fuoco tre questioni sui cui si potrebbero fare dei passi avanti”. 
“Io mi concentrerò in sede negoziale su quei passi che riguardano le questioni visibili per i cittadini, perché se vogliamo affrontare il tema Transnistria dobbiamo tenere conto che ai cittadini dobbiamo dare un messaggio chiaro del perché è sbagliata l’indipendenza e perché sarebbe più giusto un modello di autonomismo avanzato, paragonabile a quello sudtirolese; però dobbiamo dare dei segnali tangibili. Durante la mia attività di commissario europeo quando pensai ai Balcani occidentali e ai messaggi tangibili da inviare a questi popoli per mostrare loro ‘la convenienza’ del diventare europei il primo fu la liberalizzazione dei visti, un messaggio che entrava nelle case di tutti; è una leva che attraverso uno strumento molto visibile attira i paesi e respinge nazionalismi e secessionismi”, ha detto l’ex ministro. 
La prima questione da affrontare in sede negoziale, seppure potrebbe essere ritenuta da alcuni di poco conto, è quella delle targhe autoveicoli: “C’è una richiesta di caratterizzare le targhe delle automobili che vengono immatricolate in Transnistria e che hanno la targa moldava con un simbolo che le caratterizzi e io ho davanti agli occhi le targhe delle auto immatricolate in provincia di Bolzano: targhe italiane con l’aquila sudtirolese. Tutti così capiscono che quella è una macchina immatricolata a un residente in Sud Tirol: questo potrebbe essere un primo segnale di garanzia di quell’identità transnitriana che non coincide del tutto con quella moldava”, afferma Frattini, secondo cui “il secondo punto è quello della libertà circolazione: per i cittadini della Transnistria ora ci sono delle limitazioni alla loro circolazione da e per la Moldova; garantire un maggiore spazio di libera circolazione potrebbe significare un messaggio positivo, ovvero ‘voi evitate tensioni secessioniste e in cambio avrete uno spazio di circolazione, commercio e investimenti che viene espanso e liberalizzato’. 
Terzo terreno, quello più difficile, secondo il presidente della Sioi “è lo status prigionieri per i gravi scontri degli anni Novanta. Su questo tema ci sono coloro che dicono che si tratta di martiri per la libertà, prigionieri politici in galera; altri dicono che sono criminali perché hanno commesso dei reati. Trovare una soluzione sullo status di questi soggetti, alcuni dei quali sono ancora in prigione, avrebbe ovviamente una forte valenza politica”. Su questi tre temi molto tangibili, perché tutti i cittadini sanno di cosa di parla. Io guardo alla cornice del Sud Tirol, conquistata dopo un faticoso trattato internazionale, un assetto che fece cessare violenze gravissime: negli anni Sessanta e persino Ottanta c’erano attentati dinamitardi in Alto Adige, mentre adesso è una terra tradizionalmente felice. Dal lato moldavo tuttavia si fa spesso riferimento ad alcune condizioni per la risoluzione del conflitto, e fra queste la più citata è sicuramente quella relativa alla presenza dei militari russi nel territorio della Transnistria. 
“La cosa più sbagliata di tutte sarebbe porre il ritiro della missione di peacekeeping russa come condizione iniziale. Questi sono assetti che o si risolvono tutti insieme o restano come stanno. Credo che dobbiamo sciogliere tutti quei nodi che permetteranno un assetto conclusivo futuro”, afferma Frattini, secondo cui “parlare ora di precondizioni che sono non realistiche farebbe fallire i negoziati in partenza. Sono quei gesti che mai la Russia adotterà ma che possono essere parte dell’assetto conclusivo che deriverà dall’accordo finale, o meglio una delle parti dell’accordo, perché se tutti saranno soddisfatti non ci sarà bisogno di peacekeeping, peace enforcing o di altro ma adesso sarebbe solo un modo per complicare il negoziato”. 
Da alcuni osservatori una risoluzione positiva della questione della Transnistria potrebbe favorire l’adesione, o comunque l’avvicinamento della Moldova ad alcune delle principali organizzazioni internazionali: su questo tema il presidente Frattini ha un’idea precisa. “Assolutamente escluderei di considerare la Nato come un obiettivo possibile per la Moldova, faremmo un errore ancora più grave quando si ipotizzò l’adesione della Georgia. 
La Nato non si porta in casa il problema: paesi come Moldova e Georgia che hanno proprio per la loro storia dei legami, delle trazioni e delle popolazioni profondamente o totalmente russe, l’idea della Nato sarebbe controproducente per una stabilità futura”, sostiene l’ex ministro. “Escludendo l’idea della Nato, che i moldavi non credo abbiano in mente, probabilmente dovremmo ragionare di un avvicinamento all’Ue e questo può avvenire in tanti modi. Io credo che sia quello degli accordi di associazione e partenariato e non di pensare all’adesione. Prima riconciliamo il paese, poi inizierà un lungo percorso che passa per lo stato di diritto, per le riforme istituzionali: la Moldova è uno dei paesi in cui il fenomeno corruzione è uno dei più gravi e le autorità moldave devono farci i conti, le principali forze politiche ne sono consapevoli”, aggiunge il presidente della Sioi. 
Sulla base di questi presupposti, tuttavia, Frattini ritiene che “ma si potrà immaginare che per il solo fatto che sono in condizioni complicate regaliamo loro una scorciatoia per l’Europa, non sarebbe accettabile. Vediamo paesi come Serbia, Albania, Montenegro che stanno faticosamente attuando riforme e mica entreranno domani mattina: il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker per la Serbia ha parlato di una prospettiva 2025, quindi non possiamo immaginare che questi paesi abbiano davanti a sé la scorciatoia”. 
Tuttavia secondo l’ex ministro “è sicuro che una Moldova stabilizzata potrebbe accedere a quegli strumenti, per esempio la liberalizzazione dei visti, che sono fondamentali per la popolazione nella vita di tutti i giorni. Da commissario Ue stabilii a Chisinau il primo centro fuori dall’Ue per il trattamento dei dati per i visti, lo feci lì perché ritenni importante dare un messaggio di un centro dove i moldavi possono presentare direttamente una richiesta. Sono facilitazioni, sono segnali, ma non abbiamo detto che avremmo regalato loro il ‘visa free’. 
Una volta riconciliato il paese si dovrà lavorare sull’upgrade dell’accordo di associazione e liberalizzazione per arrivare a un sistema di libero mercato”. In questo senso, aggiunge Frattini, sarà giusto valutare “chi vincerà le elezioni di quest’anno: ma bisogna evitare questa contrapposizione, serve un compromesso, un dialogo, e tutte le componenti si devono sentire incluse”. Infine Frattini ha sottolineato il vantaggio di cui l’Italia può godere nel suo ruolo di presidente di turno dell’Osce. “La presidenza italiana ha un grande vantaggio, ovvero che l’Italia ha sempre avuto rapporti con gli uni e con gli altri. 
L’Italia ha rapporti con l’Ucraina e con la Russia, il ministro Alfano sarà a fine mese prima a Kiev e il giorno dopo a Mosca”, afferma il presidente della Sioi che si sofferma anche su alcuni degli altri conflitti dell’Europa orientale. 
“Per quanto riguarda il Nagorno-Karabakh (la regione contesa fra Armenia e Azerbaigian): io ho avuto spesso l’opportunità di recarmi a Baku grazie ai miei amici azeri che mi invitano ogni anno al forum internazionale che si svolge nella capitale, ma al tempo stesso ho ricevuto proprio qui alla Sioi il ministro degli Esteri armeno Edward Nalbandian, con cui avevo lavorato da collega e che vedo e sento di frequente”, sostiene Frattini, secondo cui “il ruolo dell’Italia sarà quello di trovare compromessi inclusivi in cui nessuno si senta fuori posto”. 
Per questo motivo, incentrandosi sul tema Ucraina-Russia, l’ex ministro degli Esteri sottolinea quanto sia fondamentale aiutare Kiev. “Parlando brutalmente mi sento di dire che l’Occidente ha eccitato contro la Russia gli ucraini e il governo e poi ha lasciato il paese in mezzo al guado, perché tutti i faraonici aiuti promessi non sono arrivati né da Bruxelles né da Washington”, afferma Frattini, secondo cui “oggi il paese è in grave crisi economica, e quindi la precondizione è aiutare il paese economicamente”. 
In una situazione di “instabilità, povertà e corruzione diffusa”, conclude il presidente della Sioi, “le elezioni che si terranno il prossimo anno in Ucraina non porteranno a grandi cambiamenti: se noi invece aiutassimo l’Ucraina a riprendersi, lavorando insieme alla Russia, allora quello che è un conflitto prolungato potrebbe diventare un accordo, quindi cerchiamo soluzioni inclusive ed evitiamo di eccitare gli animi”.

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