Convegno

Più regole, meno violenza : mai la sicurezza a scapito dei diritti fondamentali!

Aspetti innovativi del trattato internazionale sul commercio delle armi
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Opening remarks di Franco Frattini al convegno “More rules – less violence” Montecitorio – 7 ottobre 2013

Gentile Presidente ,Gentile Vice Ministro,
Gentili Relatori,
Signore e Signori,

sono lieto di partecipare oggi a quest’incontro per condividere insieme a voi il successo della ratifica italiana del Trattato sul commercio delle armi convenzionali adottato a New York dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 2 aprile 2013. Successo che sottolinea e riafferma dinanzi alla Comunità Internazionale l’impegno italiano per il disarmo, la non proliferazione e il controllo degli armamenti.

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L’Italia è non solo il primo Paese Europeo che – insieme alla Germania- ha completato le procedure parlamentari di ratifica, ma è uno dei primi Paesi che ne ha fortemente sostenuto l’iter negoziale, sostenendo una campagna internazionale iniziata almeno 15 anni fa, nella consapevolezza dell’importanza di promuovere la cooperazione, il dialogo, la trasparenza e la responsabilizzazione degli Stati Membri (a oggi la coalizione favorevole è di 154 Stati) per contribuire alla sicurezza, alla pace e alla stabilità internazionale e locale, riducendo le sofferenze umane.

Il controllo degli armamenti convenzionali è un elemento chiave della politica di sicurezza preventiva. Sono sempre stato fautore di una seria politica di sicurezza e difesa europea, integrata e combinata con la sicurezza atlantica cui l’Italia e l’Europa sono indissolubilmente legate. E credo che l’UE debba sviluppare un mercato comune anche per l’industria della sicurezza e della difesa, lavoro su cui il Ministro Mario Mauro sta facendo molto bene. Ma ciò implica regole, trasparenza, responsabilità.

Questo Trattato su cui – come ho detto prima – l’Italia è orgogliosamente convinta di essere stata tra i primi promotori e attori, non è un Trattato sul commercio di un prodotto, bensì tocca il grande tema della sicurezza umana. È un Trattato con cruciali ripercussioni su diritti della persona. E’ un Trattato che ci pone il tema di una strategia globale di sicurezza e libertà che non siano più in contraddizione con la promozione e la protezione dei diritti fondamentali.

E’ stato questo il mio compito anche quando ero Vice Presidente della Commissione Europea e Commissario con delega alla Giustizia, Sicurezza e Libertà. Il mio motto a Bruxelles era “come conciliare una seria strategia di sicurezza – che non può che essere europea e atlantica e di cui io sono un forte sostenitore – con una profonda garanzia dei diritti della persona”. Mai la sicurezza a scapito dei diritti fondamentali!

Ecco perché questo Trattato, nell’indicare regole globali, dà evidentemente un indirizzo importante.

Innanzitutto il Trattato ATT include importanti divieti e criteri relativi alle violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani internazionali, alla criminalità organizzata, al terrorismo negli Stati importatori e alla violenza di genere. Grazie a questo Trattato Paesi sotto embargo, Stati critici nella visione della comunità internazionale, Paesi a rischio (ndr: failing States), non potranno più essere destinatari di armi ancorché convenzionali. E non sfugge alla nostra attenzione il fatto che i soli 3 Stati che hanno votato contro in Assemblea Generale siano stati Nord Corea, Siria, Iran!

In secondo luogo il Trattato definisce standard comuni giuridicamente vincolanti per l’importazione, l’esportazione e il trasferimento di armi convenzionali, includendo anche le armi di piccolo calibro e leggere, al fine di rendere il commercio delle armi più responsabile e trasparente, prevenendo e reprimendo il commercio illecito di armi.

A ciò va sottolineato che certamente l’uso delle armi convenzionali, ivi comprese le armi leggere, si è rivelato strumento terribilmente potente in azioni certamente funzionali a situazioni di guerra, ma anche a situazioni terroristiche. Guardiamo, ad esempio, al Kenya. Dove le armi convenzionali sono finite nelle mani di organizzazioni terroristiche. Ecco perchè non va sottovalutata la portata offensiva di quelle che a volte vengono definite “solo” armi leggere.

Queste armi convenzionali che circolano in un mercato assai poco trasparente sono fonte di drammatici eventi, come quella violenza domestica che si moltiplica in molti Paesi del mondo, con deletti che si perpetrano grazie al fatto che spesso la circolazione di armi leggere è una circolazione facile. E dove le armi circolano senza controllo e senza responsabilità, sono sempre i più deboli a pagare il prezzo: donne, bambini, civili… Ecco perchè la volontà del Presidente Obama, dopo la firma USA del Trattato, di proseguire verso la ratifica è in sé un messaggio di speranza.

L’indiscriminata circolazione di armi, inserita in una logica esclusivamente di mercato, ha comportato gravi conseguenze sotto il profilo sociale, economico, umanitario e di pubblica sicurezza; in particolare, secondo le parole del Preambolo “civilians, particulary women and children, account for the vast majority of those adversaly affected by armed conflict and armed violence”.

Mi hanno colpito in particolar modo le parole del Presidente nigeriano Goodluck – paese che ha ratificato il Trattato – quando ha definito le armi convenzionali la causa maggiore di instabilità, crimini e violenza in Africa. Sono per noi vere e proprie “weapons of mass destruction”!!!

E vengo ad un altro punto: il futuro dell’Alleanza Atlantica. Quando parliamo di NATO parliamo di un’organizzazione cha ha a cuore la sicurezza globale. Allora mi chiedo se nel futuro della NATO non ci debba essere un ruolo più politico con un nation building che passi anche dal concetto di trasparenza delle armi convenzionali.

Perché non considerare il grande contributo della NATO: guai se escludessimo nel futuro dell’Alleanza un ruolo eminentemente politico che non può non comprendere il concetto di sicurezza umana.

Mi chiedo: chi l’ha detto che la società civile non debba essere un interlocutore anche per la NATO? Andrebbe invece certamente ascoltata, per capire come meglio contribuire a stabilizzare il Paese. Perchè la società civile può aiutare a creare, a mio avviso, un concetto più omicomprensivo di sicurezza umana.

Mentre si discute di allargamento dell’Europa e della NATO ecco allora che temi comne questo – quello della trasparenza del commercio delle armi, il ruolo della violenza di genere – dovrebbero entrare ancor più fortemente nei capitoli dei Paesi che aspirano ad entrare in Europa e nell’Alleanza.

In tale logica è conditio sine qua non un impegno sovranazionale e una regolamentazione comune uniforme a livello internazionale.

L’Italia si fa promotrice dell’universalizzazione del Trattato e sta perseguendo una politica di sensibilizzazione presso la NATO e presso il Parlamento Europeo per la rapida adozione della necessaria decisione del Consiglio che consente agli Stati Membri dell’UE di depositare i propri strumenti di ratifica presso le Nazioni Unite e favorire il raggiungimento del numero minimo di 50 aderenti per l’entrata in vigore del Trattato.

Questo è motivo di orgoglio per tutti, ma la strada verso l’universalizzazione non è priva di ostacoli.

Il Trattato ATT produce effetti solo fra le parti e non è opponibile agli Stati Terzi non firmatari e questo può inficiarne l’efficacia in termini a-tecnici di trasparenza e controllo internazionale, in quanto vi sono territori nazionali in cui il commercio di armi può avvenire al di fuori degli schemi regolamentati. Il fatto che Cina e Russia, produttori ed esportatori di armi anche verso Paesi “a rischio” si siano astenute, è elemento che fa riflettere e su cui l’azione diplomatica internazionale deve concentrarsi per spiegare a questi global players l’importanza di un cambio di strategia.

Siamo comunque di fronte ad un accordo storico, il Trattato ATT è uno strumento indispensabile, frutto di una nuova coscienza delle Nazioni Unite.

LEGGI L’ARTICOLO SU EURACTIV


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