G7 Meeting

Se al G7 torna di moda la nostalgia della guerra fredda

Un errore isolare Mosca – Lettera al quotidiano Avvenire
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Caro direttore, 

i leader del G7 si riuniscono in Germania sotto la guida della cancelliera Angela Merkel per affrontare le grandi questioni internazionali decisive per il bene dell’umanità. Paesi, quelli del ‘Gruppo dei sette’, che costituiscono soltanto un terzo del Pil mondiale. Ecco perché questo organismo ha largamente perso rappresentatività in un mondo nel quale forse neppure il G20 può realmente esprimere Paesi e popoli alle prese con sfide globali alle quali occorre trovare risposte efficaci. 

Uno dei temi dominanti del summit sembra essere stato la conferma della politica di containment (contenimento) verso la Federazione Russa; e containment è anche dire poco, dato che ho sentito persino voci sconsiderate parlare della necessità di puntare missili occidentali verso Mosca. Un clima da guerra fredda non c’entra proprio nulla con la doverosa risposta che Occidente e Nato devono a Paesi dell’Est europeo che percepiscono storiche ostilità e rinnovata diffidenza verso la Russia. Ma non credo che una nuova divisione in due blocchi serva a dare risposte definitive a quelle preoccupazioni. 
Innescherebbe, semmai, una nuova spirale, negativa a mio avviso più per l’Occidente che per la stessa Russia. 

Intendiamoci: è bene richiamare Mosca alla piena attuazione degli accordi di Minsk, per la cui definizione – purtroppo! – non l’Europa in quanto tale, ma due autorevoli capi di governo europei sono stati protagonisti. E per questo li ringraziamo. Ma questo richiamo non può negare l’esigenza che il Cremlino sia coinvolto nell’affrontare sfide comuni su cui, paradossalmente, l’Occidente ha forse un interesse ancora maggiore della Russia medesima. 

Penso ai terroristi di Daesh (quello che ancora viene chiamato Is) che sono ormai a cento miglia dalle coste della Sicilia; penso agli equilibri tra sunniti e sciiti che a causa di gravi errori europei ed occidentali si sono rotti portando instabilità e conflitti, da ultimo quello nello Yemen; penso ai negoziati per fermare il nucleare iraniano, dove è evidente che la Russia rappresenta ancora una volta un attore chiave (anche perché le sue relazioni con Teheran per le forniture militari e missilistiche si dovranno progressivamente e fortemente ridurre proprio per effetto di quegli accordi); ancora, penso alla tragedia della Siria dove soltanto gli sprovveduti possono pensare di risolvere i problemi senza un contributo cruciale di Mosca che ha tutt’ora a Tartus una propria base navale militare. 

Temi che sono certo il segretario di Stato americano John Kerry ha affrontato con Putin nelle quattro ore di incontro avvenuto recentemente a Sochi e il cui spirito contrasta con il messaggio emerso dal summit di Elmau, per cui i problemi del mondo si possono risolvere senza la Russia e contro la Russia.
Un grave errore: perché la Russia è e deve continuare ad essere un partner strategico per la stabilità e la sicurezza del mondo, dall’Occidente fino a Vladivostok. 

Un messaggio contraddittorio quello del G7, perché mentre si fa la voce grossa in Germania, si sa bene che se vogliamo una risoluzione da tutti invocata per la stabilizzazione della Libia, la voce della Russia (e della Cina, sua alleata) nel Consiglio di Sicurezza è a dir poco essenziale. 

Possiamo permetterci un fallimento, lasciando la Libia alle porte dell’Europa in balia del terrorismo? 
Credo che il dramma di milioni di migranti e di rifugiati dalla Siria e dall’Africa avrebbe dovuto essere argomento di assoluta priorità per quei leader che hanno forse dimenticato per un attimo che i drammi delle persone umane coinvolte in quelle regioni del mondo sono enormemente maggiori di quelli, pur certamente assai seri, che riguardano le regioni orientali dell’Ucraina. Il dramma dei migranti e dei rifugiati è questione epocale che i ‘grandi’ del mondo non dovevano ignorare in questa maniera. È sempre un errore credere, da Paesi ricchi, che l’approccio economico, da solo, possa esaurire problematiche che toccano nel profondo le coscienze, gli esseri umani, i sentimenti, che certamente non hanno prezzo e che non si calcolano con il Pil. 

Come ha scritto Ian Bremmer, siamo a un mondo G-zero. Non vorrei che fosse così, ma ad ascoltare voci contraddittorie e dichiarazioni davvero insensate talvolta mi viene da pensare, caro direttore, che oggi i grandi messaggi ai popoli del mondo li sappia dare solo papa Francesco.


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