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Centrodestra

Sono maturi i tempi per un patto federativo con l’UDC, stile UMP francese

Franco Frattini a “Il Riformista”
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«Il Popolo della libertà, inteso come casa dei moderati, non va. Ormai sono maturi i tempi per un patto federativo con l’ Udc. Bisogna aprire un dialogo tra le forze politiche, a partire dalla legge elettorale».

Disagio sociale, manovra quasi inemendabile. Onorevole Frattini, si può proseguire così?
La scelta si imponeva e si impone adesso. Sarebbe grave pentirsene o sostenerlo con riserve. Porterebbe acqua alle reti di speculazione e ai competitori internazionali.

Anche se la manovra su Ici e pensioni non vi convince?
Noi su questi capitoli l’ avremmo fatta in maniera diversa, ma per il resto il provvedimento ha il carattere emergenziale per far fronte a questa fase, finita la quale si deve tornare alla normale dialettica democratica. 

Quindi, sì alla fiducia sulla manovra?
Certo, è necessaria. Senza la fiducia si creerebbe una rincorsa sugli emendamenti, in cui mezzo parlamento vota una cosa, l’ altro mezzo un’ altra. Diciamolo chiaramente: il margine perle modifiche su Ici e pensioni è limitato, e comunque si deve tentare la via di miglioramenti.

Ma, alla fine, la fiducia comunque va votata. Non avverte la sensazione che la politica sia commissariata?
Questo è un momento di emergenza, e dobbiamo stare attenti al clima di antipolitica che c’è nel paese. Vedo una fase pericolosa: pacchi bomba, proiettili al sindaco Alemanno e al ministro Severino. A questo clima si risponde con la politica. Altrimenti qualcuno può dire: i tecnici fanno le manovre, i partiti sono silenti, quindi i partiti non servono.

Secondo lei, cosa dovrebbero fare i partiti?
I partiti in questo momento devono avere il coraggio di trovare terreni di protagonismo politico, a prescindere dagli ambiti di emergenza. È sbagliato, come sostiene l’ amico Pisanu, affermare che dopo questa esperienza si prosegue con l’ unità nazionale. Dopo questa esperienza la regola è la democrazia, il confronto, la competizione tra i partiti, non l’ emergenza. Il che significa che occorre, sin da subito, fare politica sui terreni non di competenza del consiglio dei ministri.

Per esempio?
La riforma delle istituzioni, a partire dalla legge elettorale. Anche in questo caso aspettare supinamente il referendum significa cedere all’ antipolitica.

Se il governo governa e la legge elettorale la fanno i cittadini, la domanda viene spontanea: a che servono i partiti e il parlamento?
Io dico: apriamo, subito, il confronto sulla legge elettorale.

Con quali paletti?
Due, innanzitutto. Primo: non disperdere l’ eredità di un bipolarismo sano, che non si basi sull’ approccio muscolare e sulla delegittimazione reciproca. Secondo: introdurre la possibilità che il cittadino scelga il suo rappresentante. Credo che il Mattarellum o il cosiddetto modello spagnolo possano rappresentare una base di discussione più proficua. E aggiungo: che tenga conto delle istanze non solo dei principali partiti, ma anche del Terzo polo. Non deve essere una legge punitiva.

Parliamo di Casini. Lei è tra i fautori di un’ alleanza organica con l’ Udc.
Io vado oltre. Le cose che ci uniscono sono più di quelle che ci dividono. Quindi, credo siano maturi i tempi per un patto federativo con l’ Udc, con l’ obiettivo di arrivare alla costruzione del Ppe in Italia. Dobbiamo essere onesti intellettualmente: il Pdl, inteso come casa comune dei moderati, non ha funzionato. Ora dobbiamo recuperare il tempo perduto, non attraverso un’ altra fusione a freddo, ma sul modello dell’ Ump francese: un patto tra i partiti che favorisca, col tempo, l’ unificazione.

Scusi, sta parlando di cambiare nome e simbolo del Pdl?
Sì. Il tema del congresso deve essere il superamento del Pdl. A mio giudizio occorre una discussione profonda, a tutti i livelli, per aprire una nuova fase il cui approdo sia il cambio del nome e il varo di una costituente di tutti quelli che si riconoscono nel Ppe. Poi, il nuovo partito.

Mi pare che finché c’è l’ ombra di Berlusconi, l’ Udc non gradisce l’ invito. Bastava ascoltare Buttiglione al congresso del Ppe a Marsiglia…
Schermaglie… Alfano non è un esecutore di ordini, è un dirigente politico che ha fissato il traguardo della costituente dei moderati sin dalla sua elezione.

E Berlusconi?
Ha il merito di aver fatto crescere in questi quindici anni una classe dirigente che guidi la transizione. Berlusconi ha sempre avuto un sogno. Ce lo ha detto molte volte: «Lascerò quando vedrò nascere il partito dei moderati italiani». Ad Alfano tocca il compito di realizzare il sogno.

Scusi, ma non ha mai nominato la parola Lega.
Non credo che l’ alleanza sia finita. E del resto regge a livello territoriale. Certo, la linea secessionista per il nostro elettorato è inaccettabile. Vedremo prima delle prossime elezioni. 

Fonte:Il Riformista
Autore: Alessandro De Angelis
Data: 13.12.2011


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