Cosa ne pensa della nomina alla PESC di Federica Mogherini? Mi sono congratulato pubblicamente e direttamente con Federica Mogherini. Si troverà al centro di grandi responsabilità ad esempio quella di invertire la rotta imboccata fino ad oggi, e che ha visto i singoli Stati dell’Europa mantenere gelosamente la propria idea di politica estera. In un mondo che sta andando un po’ a pezzi la grande sfida per l’Italia, ma anche per l’Europa, deve esser quella di creare una politica estera europea che, purtroppo, ad oggi ancora non esiste.
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Libia e Siria.
E’ vero che l’Europa pensa più al portafoglio che alla poltiitca estera? Purtroppo l’UE pensa poco anche all’euro. Ad esempio ad una strategia di sicurezza energetica comune che al portafoglio è sempre più legata. Basti pensare ai venti di guerra e alle minacce di interruzioni forniture. Venendo alla Libia e alla Siria devo dire che su questo fronte le organizzazioni internazionali come l’ONU e la NATO avevano fatto tanto e bene, anche impedendo che questi territori fossero presi sotto controllo di una coalizione di pochi Paesi, come avrebbe voluto l’allora Presidente Sarkozy. Ma cosa è accaduto da allora? E’ successo che i Paesi europei – anche l’Italia a malincuore – e gli Stati Uniti d’America, che all’epoca erano stati protagonisti, hanno poi perso la loro visione strategica sul Mediterraneo. Più semplicemente hanno abbandonato la Libia a milizie e scontri tribali. Dal successo della NATO e dell’ONU oggi siamo ad un preoccupante insuccesso del dopo. E’ la fotografia del fallimento di coloro che erano voluti intervenire in nome dei principi internazionali e che poi hanno voltato le spalle dall’altro lato.
L’immigrazione in Europa è un grande problema. Frontex Plux risolverà tutto? Negli ultimi anni, in materia di immigrazione, l’Europa è stata del tutto carente. E lo dico da persona che quasi dieci anni fa creò Frontex e vide un altro entusiasmo e coinvolgimento dei paesi. All’epoca ero vicepresidente della Commissione europea e decidemmo per la prima volta di dar vita ad un’agenzia che prendesse in carico all’Europa un problema serio come le migrazioni. Quando fronteggiammo l’esodo dalla Guinea e Senegal verso le Canarie furono mobilitati ben 12 Paesi europei per aiutare la Spagna. Poi questo spirito si è perduto: sono prevalsi gli egoismi nazionali. Dall’idea di Frontex come strumento europeo integrato si è passati all’ognuno faccia da se. Con Frontex Plus il ministro Alfano ha tentato di mettere insieme i Paesi più vicini e più direttamente coinvolti con il problema. E’ certamente un primo passo. Ma a mio avviso è troppo poco. Il punto è che l’Italia salva tante vite, ma poi queste persone non vogliono restare nel nostro Paese: vogliono raggiungere altre capitali. Ecco perché il problema riguarda tutti.L’Europa spende pochissimo per Frontex che serve ad aiutare salvataggi e respingimenti, ma spende moltissimo per quello che è un obiettivo giusto: ossia l’aiuto ai Paesi di origine. Mi chiedo, perché quell’aiuto non lo canalizziamo bene nei Paesi di origine per creare lì delle opportunità? Se ce ne occupiamo quando sono arrivati da noi è già troppo tardi.
Esiste un problema burocrazia in Europa? Questo è un altro tema fondamentale. Tra progetti che l’UE dovrebbe finanziare, ad esempio, ci sono e ci furono progetti pilota sulla formazione dei migranti. Se noi continuiamo a tollerare che i migranti vengano a raccogliere i pomodori in campagna lavorando in nero non risolviamo il problema. Bisognerebbe fare formazione e offrire loro dei percorsi per lavori stagionali garantiti e non in nero. Mare nostrum è stato un errore?Mare nostrum era un dovere morale verso il resto del mondo. Abbiamo salvato centinaia di migliaia di vite umane. Sono vite non numeri. Quindi è stato un dovere morale. C’è costato moltissimo e credo gli italiani siano orgogliosi di sentirsi dire che siamo tra coloro che hanno salvato più vite umane nel mondo. Tuttavia, era tempo di dire all’Europa che dopo aver avuto il tempo di studiare l’operazione adesso è ora di assumersi delle responsabilità. L’Italia ha fatto una buona proposta. L’Europa ha risposto a metà.
Come interpreta la telefonata Draghi-Merkel? Non commento la telefonata, ma conoscendo bene Mario Draghi sono certo che si muoverà nell’ambito dei trattati e allo stesso tempo nella consapevolezza che la missione storica della BCE, che era quella di contenere e tenere bassa l’inflazione, oggi va un po’ rivista perché c’è, paradossalmente, la preoccupazione di alzarla un po’ per stimolare i consumi. Sono certo che Draghi farà tutto il possibile per stimolare la crescita nell’ambito dei poteri della Banca Centrale Europea. Così come sono certo che Germania ha capito che se i consumi calano in Italia a causa dell’austerità, dopo il rallentamento dei prodotti italiani rallenteranno anche quelli tedeschi. Tutti sanno che l’Italia è il primo partner commerciale della Germania e viceversa. Se calano i consumi in Francia ed in Italia il primo che ci rimette e la manifattura tedesca. Dobbiamo quindi mantenere le regole e non violarle, ma se in un momento di recessione strizziamo l’economia e non diamo spazio ai consumi alla fine anche i paladini del rigore si renderanno conto che a rimetterci saranno anche loro.
Come interpreta le ultime dichiarazioni della Merkel e del premier Renzi? Conoscendo abbastanza bene la Cancelliera Merkel posso dire che non credo che agirà perché incoraggiata dal presidente del Consiglio italiano o dal presidente francese Holalnde. La Merkel prenderà decisioni innanzitutto pensando a ciò che è importante per la Germania e che non danneggi la credibilità europea.
In Ucraina è davvero possibile una tregua? Per occuparsi di questo conflitto bisogna conoscere davvero bene gli interlocutori. Vidi la prima volta Putin nel 2001. Lo vidi ancora quando con grande sorpresa di tutto il mondo, accogliendo l’invito del governo italiano, partecipò con Bush ad un importante momento della politica estera mondiale: a Pratica di Mare, nel 2002, si stabilì che la Russia e la NATO dovevano collaborare. Sono passati 12 anni, ma gli interlocutori non sono cambiati. Ciò che voglio dire è che dall’inizio della crisi in Ucraina si sarebbe dovuto conoscere chi è Putin. E’ stato eletto presidente contando su un forte sostegno popolare della Federazione Russa. Bisognava prevedere che l’escalation di dichiarazioni russe non si potevano fermare. Siamo tornati ad un clima di guerra fredda: Putin dice “mi prendo l’Ucraina” e la NATO replica “metto postazioni ad est”. E intanto l’escalation va avanti. L’approccio giusto, invece, dovrebbe essere quello della diplomazia e del negoziato. Non si può tornare ad un clima di guerra fredda, anche perché questa volta non sappiamo davvero come può finire. Certamente escluderei che le parti stiano pensando ad una soluzione militare. Ma certamente è immaginabile che si pensi al congelamento delle frontiere e dei commerci. La domanda però è: chi paga il conto? Da un lato l’Europa e dall’altro al Russia. Perché questo comporterebbe conseguenze sul negoziato con l’Iran, sulla Siria, con l’Egitto. Vogliamo bloccare tutti questi scacchieri perché c’è la guerra fredda? Lo ripeto serve diplomazia, cessate il fuoco e negoziato. E’ l’unica strada seria che vedo. Inutile mostrare i muscoli perché poi debbano rimetterci tutti.
Come giudica la politica estera americana? Obama è un presidente che sta avendo difficoltà all’interno del Congresso Le parole sfuggite al Presidente degli Stati Uniti, quando ha detto “non abbiamo ancora una strategia” parlando di uno degli scacchieri più difficili del mondo, non vogliono certo dire che gli USA non sanno come muoversi, ma che le strategie americane non sono più il baluardo su cui noi europei dobbiamo affidarci come abbiamo fatto per 60 anni. Dobbiamo fare un po’ di più da europei.