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Libia

Una nuova conferenza di Palermo per provare ad avere un ruolo in Libia. Parla Frattini

Una nuova conferenza di Palermo, è la proposta che il due volte ministro degli Esteri Franco Frattini, già vicepresidente della Commissione UE
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Una nuova conferenza di Palermo, è la proposta che il due volte ministro degli Esteri Franco Frattini, già vicepresidente della Commissione UE, lancia dalle colonne del Foglio come unica via italiana per uscire dall’isolamento e giocare un ruolo in Libia.

“La spartizione in due aree, Tripolitania e Cirenaica, sotto le influenze turca e russa, sarebbe l’esito più drammatico per i nostri interessi regionali. Il governo italiano dovrebbe convocare i paesi della sponda nord e sud dell’Iniziativa 5+5: solo in una dimensione mediterranea possiamo tornare a contare”.

All’indomani del vertice di Berlino, l’idea di una forza di interposizione europea pare definitivamente sfumata.
“In Libia i due principali mentori, Erdogan e Putin, non gradiscono disturbatori europei, e hanno gioco facile visto che l’Europa non c’è: la Germania è intervenuta in ritardo, la Francia continua a intralciare ogni piano italiano. Nella situazione attuale la Russia è l’interlocutore più affidabile perché condivide con noi l’interesse del terrorismo e dell’immigrazione clandestina; inoltre, al contrario di Erdogan, Putin non ha la necessità di rafforzare ulteriormente la propria presenza in medio oriente ne deve agire da protettore naturale della Fratellanza musulmana schierata con Tripoli”.

La partita energetica non è secondaria: la Turchia ha sottoscritto con Sarraj un memorandum per lo sfruttamento delle risorse marittime.
“Ankara considera da sempre il Mediterraneo orientale come un prolungamento della propria sovranità, perciò ostacola le esplorazioni offshore al largo di Cipro. A febbraio dello scorso anno una nave dell’Eni, impegnata in attività di perforazione nella zona economica esclusiva di Nicosia, è stata bloccata da un’unità militare turca. L’Italia rischia di restare schiacciata tra le ambizioni espansionistiche turche, in accordo con Sarraj, e le mire di Haftar che blocca le esportazioni petrolifere per piegare la National Oil Company”.

Secondo la cancelliera tedesca Merkel, a Berlino si sarebbero compiuti “piccoli passi avanti”. 
“Io parlerei piuttosto di piccolissimi passi – prosegue Frattini – E’ un fatto importante avere raccolto tutti gli attori nello stesso luogo, anche se non allo stesso tavolo. La presenza contestuale di Putin e Erdogan ha dato legittimazione all’intero vertice. Tuttavia il mancato invito alla Tunisia è un grave errore imputabile al protocollo tedesco”.

Non c’era neppure la Grecia, per il veto turco. 
“Questo è un errore di sostanza politica. Atene ha una storia di rapporti complicati con la Turchia, il paese che nella vicenda libica svolge la parte del leone: detta tempi e modi, ribadisce la volontà di non ritirare le truppe, a Berlino Erdogan è andato via tré ore prima della fine del vertice. La Grecia, per ragioni geografiche, è il paese destinatario dei flussi migratori provenienti dal territorio turco ed è stata direttamente toccata dall’intesa stipulata tra Erdogan e Sarraj sulla questione del Mediterraneo orientale, un’area che la Turchia rivendica”.

Come lei ricordava, i due contendenti, Sarraj e Haftar, non si sono incontrati ne hanno firmato il cessate il fuoco. 
“La fine dello scontro armato dipenderà dalla loro volontà. Se assisteremo a una stabilizzazione temporanea, non sarà merito del vertice berlinese dal quale Sarraj esce indebolito visto che il maresciallo di Bengasi è stato, di fatto, equiparato al premier riconosciuto. Nel documento finale si accenna a una cabina di sicurezza a due ma le posizioni restano molto distanti: pur nell’ipotesi di un governo di unità nazionale, chi andrebbe a presiederlo?”.

Forse l’unica, vera proposta uscita dal vertice di tregua è che la missione navale Sophia, varata nel 2015, torni in mare.
“E’ una buona notizia dal momento che Sophia ha finito per svolgere una funzione umanitaria: soccorreva i migranti in alto mare e li faceva sbarcare nei porti italiani. I contorni dell’iniziativa però restano incerti”.

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio si è affrettato a spiegare che Sophia dovrà bloccare le armi, non recuperare barconi.
“Serve una base giuridica apposita perché una missione incaricata di svolgere pattugliamento marittimo possa essere destinata al blocco delle armi. L’intercettazione del traffico vietato prevede controlli, verifiche, ispezioni forzose e sequestri: senza una nuova regola di ingaggio che autorizzi il ricorso alla forza, tali operazioni, al di fuori dei confini marittimi europei, equivarrebbero ad abbordaggio piratesco. E’ necessaria una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu”.

A detta di Haftar, 41 dei 2.400 combattenti siriani filoturchi spediti da Erdogan si sarebbero spostati in Italia: finti migranti, puri jihadisti.
“Non darei eccessivo credito ai messaggi apocalittici scagliati come minacce nei momenti di tensione. I nostri servizi di intelligence sono in grado di individuare eventuali infiltrazioni. E’ tuttavia innegabile che a una instabilità maggiore corrisponda un rischio maggiore di terrorismo. Nel documento finale di Berlino non si accenna al problema delle milizie: saranno reintegrate o annientate? Più le milizie prosperano più aumenta l’instabilità con i pericoli connessi”.

Annalisa Chirico

Foto La Presse


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