Dai migranti alla Russia: dal giorno del suo debutto, e ancor prima con il contratto di programma, il nuovo Governo Lega-Cinque Stelle non ha fatto mancare strappi e colpi a sopresa sulla politica internazionale. Ma dove porta la politica estera del Governo Conte e c’è davvero il rischio di mettere in discussione le tradizionali alleanze dell’Italia, su cui per fortuna vigila il Presidente della Repubblica? Due volte ministro degli Esteri nei governi Berlusconi e ora presidente della Sioi, l’ente che forma i futuri diplomatici, Franco Frattini è l’uomo giusto per analizzare la situazione italiana ed internazionale, con l’occhio agli imminenti appuntamenti europei ma anche alle mosse del premier Conte e dei ministri Salvini, Moavero Milanesi e Tria, senza trascurare gli orientamenti attuali della Francia, della Germania e del discusso gruppo di Visegrad. Ecco che cosa ha dichiarato nell’intervista rilasciata a FIRSTonline.
Presidente Frattini, la politica estera e soprattutto la politica dell’immigrazione sono più che mai al centro della scena politica. Già il contratto di programma del Governo Cinque Stelle-Lega, con la richiesta di superamento unilaterale delle sanzioni contro la Russia e l’indicazione di Mosca come partner strategico in alcune delicate crisi internazionali, aveva sollevato dubbi sulla collocazione internazionale del nuovo Governo ma i successivi ondeggiamenti tra Usa e Russia del premier Conte al G7 e lo scontro sui migranti con Malta, Francia e Spagna li hanno accentuati: come valuta i primi passi di politica estera del nuovo Governo?
“Il contratto di programma è certamente un vincolo politico abbastanza rigido per il Premier e per il Ministro degli Esteri sul terreno della politica internazionale dell’Italia, che richiede un esercizio di flessibilità e di duttilità per garantire al nostro Paese di continuare ad essere un attore importante dentro e non contro l’Europa e una proiezione euroatlantica e mediterranea, che sono sempre stati i capisaldi della nostra politica estera. Non è un mistero che da tempo ci fosse in Italia una spinta favorevole al dialogo costruttivo, all’interno delle nostre tradizionali alleanze, con la Russia che, quand’ero ministro degli Esteri, si materializzò nel cosiddetto spirito di Pratica di Mare. Quel momento magico fu purtroppo smarrito per strada e l’Italia come l’Europa hanno avuto il torto di snobbare il lungimirante progetto dell’allora presidente russo Medvedev per garantire la sicurezza globale da Vladivostok a Vancouver, dalla Russia al Nord America. Fu un errore considerare velleitario quel progetto e sarebbe importante recuperarlo oggi. In questo quadro il ritorno della Russia nel G8 è un ragionevole punto d’arrivo”.
Ma ci si può arrivare chiedendo l’abolizione preliminare delle sanzioni anti-Russia e senza alcuna contropartita di Mosca in cambio? “Naturalmente è irrealistico pensare che le sanzioni anti-Russia possano essere rimosse dall’oggi al domani, ma l’Europa deve avere il coraggio di riaprire un ragionamento di politica internazionale che avvicini la Russia ai nostri obiettivi e che valorizzi quanto Mosca può offrirci sul piano della lotta al terrorismo e nella stabilizzazione del Medio Oriente e della Libia. Da questo punto di vista, rilancerei senza esitazione al prossimo Consiglio Europeo di fine giugno uno dei punti, precisamente il quinto, del documento che l’Alto commissario europeo per la politica internazionale, l’Italiana Federica Mogherini, propose dopo la crisi in Ucraina e cioè il sostegno dell’Europa – come ha detto in Parlamento anche il Premier Conte – alla società civile russa attraverso un chiaro progetto che faccia ripartire i finanziamenti della Bers alle Pmi russe. Un progetto che sarebbe utile anche a noi e che farebbe capire che in campo c’è finalmente un piano per riavviare concretamente il dialogo, che può sostanziarsi altri passi importanti. Il superamento delle sanzioni anti-Russia è un passaggio cruciale, che va costruito con intelligenza e che richiede proposte e non solo proclami”.
E’ realistico immaginare che oggi sul terreno della ripresa del dialogo con la Russia possano attestarsi anche Francia e Germania?
“Sì, se si è in grado di far comprendere ai quei due Paesi che riaprire il dialogo e la collaborazione con Mosca conviene anche a loro. Del resto, al di là delle dichiarazioni ufficiali, la Germania è sempre attenta a difendere prima di tutto i propri interessi nazionali e non ha certo esitato a impegnarsi nella realizzazione con la Russia del gasdotto North Stream, anche a costo di deludere i partner europei”.
Al di là dei rapporti con la Russia, l’emergenza migranti sta spaccando l’Italia ma anche l’Europa, se si guarda ciò che sta succedendo in Francia e soprattutto in Germania: può diventare la mina vagante su cui l’Europa rischia davvero di dividersi?
“In effetti la questione dei migranti mette fortemente a rischio l’Europa, come se tutti si fossero dimenticati che la solidarietà e la cooperazione reciproca sono uno dei pilastri dei Trattati europei. L’Italia è l’unico Paese ad avere le carte in regola ma per 10 anni siamo costretti a fronteggiare da soli gli enormi problemi che l’immigrazione di massa verso l’Europa pone. Prima con il ministro Minniti e ora con il ministro Salvini l’Italia ha posto e pone all’Europa proposte che non possono più essere eluse se l’Unione europea vuol recuperare credibilità anche nelle politiche di immigrazione”.
In concreto, come si potrebbe disinnescare la mina migranti senza spaccare l’Unione europea?
“Portando e facendo approvare al prossimo Consiglio Europeo un piano realistico e concreto sui migranti che sancisca un patto dell’Unione non per la semplice redistribuzione dei migranti stessi ma per la loro gestione attiva. Penso a un piano articolato in più punti, il primo dei quali dovrebbe vertere sulla gestione di hotspot nei Paesi di transito sotto l’egida congiunta dell’Europa e dell’Onu, un’idea che era già stata considerata in passato ma che rimase lettera morta perchè in Libia c’era Gheddafi e in Egitto Mubarak, ma che può oggi essere ripresa con governi nordafricani più credibili. Il secondo punto del nuovo piano dovrebbe riguardare la gestione europea degli sbarchi, superando l’ipocrisia degli sbarchi nei porti più vicini ma anche l’ingresso in campo delle Ong come taxi degli ingressi e l’idea della chiusura unilaterale dei porti. Infine suggerirei un punto, che avevo cercato di realizzare quand’ero ministro degli Esteri ma che allora fu considerato prematuro, e cioè l’adozione di un nuovo Statuto per Frontex con la conseguente creazione di una Guardia costiera europea”.
Tutte proposte ragionevoli ma per disinnescare la mina dei migranti servono le esibizioni muscolari di cui dà costantemente prova il ministro dell’Interno Salvini?
“Obiettivamente, bisogna riconoscere che sull’emergenza migranti ci voleva una scossa per risvegliare le coscienze addormentate dell’Europa e il fatto che la Spagna abbia aperto i suoi porti è un segnale importante. Poi però tocca ad altri – e cioè al Presidente del Consiglio e al Ministro degli Esteri – trasformare la scossa in proposte accettabili da parte degli altri partners”.
Tutti conoscono la grande esperienza internazionale e la sincera passione europeista del ministro degli Esteri, Moavero Milanesi, ma il fatto che sia un tecnico in un governo con due forti azionisti politici non limita fatalmente il suo raggio d’azione?
“Proprio perchè l’attuale Governo ha la natura politica che ha e poggia su un contratto di programma, alla Farnesina serviva un tecnico di alto valore come Moavero Milanesi. Non sarebbe stato ragionevole affidare la gestione della politica estera a un politico che agisse in solitudine. E i primi risultati già si cominciano a vedere. Il nuovo titolare della Farnesina non è uomo di grandi proclami ma, come tutti i più abili diplomatici, agisce sotto traccia ma agisce efficamente, come ha fatto convocando subito l’ambasciatore di Francia dopo le polemiche che si erano aperte tra i due Paesi sul destino della nave Aquarius”.
Ma non le sembra strano e anche molto pericoloso che il ministro Salvini non nasconda la sua aperta simpatia per l’Ungheria di Orban e per il gruppo euroscettico di Visegrad?
“Credo che Salvini debba conoscere meglio il gruppo di Visegrad e rendersi conto che gli interessi che quei Paesi rappresentano sono contrari a quelli dell’Italia, soprattutto nella gestione dei migranti, che Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia si rifiutano di ospitare. Ma non è un caso che da qualche giorno Salvini faccia maggior riferimento al ministro tedesco dell’Interno, il bavarese Horst Seehofer che sta incalzando la Cancelliera Merkel sui respingimenti degli immigrati”.
Sembra di capire che, nonostante gli ondeggiamenti del nuovo Governo di queste prime settimane, Lei non veda il rischio concreto che l’Italia cambi campo ed esca dalle tradizionali alleanze internazionali: è così?
“Vedremo. E’ presto per arrivare a giudizi definitivi. Ci vuole molta prudenza ma credo che, in questo momento, occorra dare al nuovo Governo la possibilità di lavorare. Osservo che all’ultimo G7 il Premier Conte si è presentato come un alieno e alla fine ha attivato contatti positivi con tutti e ha ricevuto un invito di Trump alla Casa Bianca, che suona come un riconoscimento all’Italia. Analogamente il ministro dell’Economia Tria ribadirà sicuramente al collega ministro delle Finanze tedesco la volontà dell’Italia di stare dentro le regole europee ma per cambiarle e credo che non perderà l’occasione per ricordare alla Germania che gli accordi prevedono che il surplus commerciale di un Paese non possa superare determinati limiti e debba essere reimpiegato per favorire la domanda e la crescita dell’intera Unione”.
Il nuovo Governo italiano sembra particolarmente critico verso come la Germania della Cancelliera Merkel e la Francia di Macron: siamo sicuri che sia proprio nell’interesse dell’Italia accendere tensioni verso i nostri due partner storici?
“Non metterei i rapporti dell’Italia con la Germania e con la Francia sullo stesso piano e credo che, al di là delle frizioni dei primi giorni, sarà più facile collaborare con Berlino che con Parigi per almeno tre ragioni. In primo luogo perchè la Germania ha finito di considerarci il problema dell’Europa ed è consapevole delle nostre ma anche delle sue debolezze e ha bisogno di trovare una sponda nell’Italia. In secondo luogo perchè la Cancelliera Merkel non nasconde tutti i suoi dubbi sulle riforme costituzionali europee proposte dal Presidente francese Macron. In terzo luogo perchè tra Francia e Italia riaffiorano rivalità storiche in quanto siamo entrambi eccellenti in una serie di campi comuni (dalla cultura alla cucina e al vino) che accentuano la concorrenza e, in molti casi, i francesi vorrebbero comprare tanti nostri brand di successo suscitando da parte nostra diffidenza e reazioni contrastanti”.
Al di là della politica estera, il rischio che l’Italia si allontani dall’euro e dall’Europa affiora anche nelle ambiguità delle nostra politica economica. Il ministro Tria ha giurato che il Governo non ha la minima intenzione di uscire dall’euro ma, come dimostrò il caso Varoufakis in Grecia, si può uscire dalla moneta unica anche senza volerlo o senza dichiararlo se si scardinano i conti pubblici con promesse insostenibili e si provoca la dura reazione dei mercati. Lei che ne pensa?
“Conosco il ministro Tria da almeno 15 anni e sono certo che saprà ricondurre nell’ambito del fattibile le proposte previste dal contratto di programma. Aspettiamo perciò il nuovo Def e le nuove proposte del piano di stabilità finanziaria in vista del Bilancio comunitario 2021-28 su cui anche il ministro degli Affari comunitari, Paolo Savona, avrà voce in capitolo”.
Proprio il fatto che su un terreno delicatissimo come il nuovo Bilancio europeo abbia voce in capitolo un ministro euroscettico come Savona, a cui sono state affidate deleghe che in altri governi erano di pertinenza del Ministro degli Esteri, non sembra un buon viatico: o no?
“Conosco e stimo Savona dai lontani tempi in cui eravamo insieme ministri del Governo Dini ma, francamente, non me lo immagino aderire acriticamente a un’idea come quella di uscire dall’euro ma nemmeno lo vedo accettare pedissequamente quanto proporrà Bruxelles. La speranza che si trovi il giusto equilibrio”.
Roma, 16 giugno 2018