Governo

Frattini: serve la linea della collegialità

Torniamo a fare come si è sempre fatto
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Intervista a Nazione – Carlino – Giorno.

di Alessandro Farruggia

«TREMONTI? Torniamo al coordinamento della politica economica da parte del presidente del Consiglio. Torniamo a fare come si è sempre fatto. Io credo che essendo una persona intelligente Tremonti non la debba prendere come una diminutio. C’è un presidente che è un primus inter pares (un primo tra uguali, ndr) e gli altri sono pares».Di ritorno da New York dove ha partecipato all’assemblea dell’Onu il ministro degli Esteri Franco Frattini affronta temi più politici. Il caso Tremonti, ma anche il referendum e le primarie.

La maggior parte del Pdl non sembra disposta a morire per Tremonti «Io sono sempre stato convinto che in un governo la collegialità è tutto e la sintonia con il premier è un valore aggiunto. Quindi evidentemente si tratta ora di capire se il ministro Tremonti intende seguire una linea di collegialità o no…».

Lo farà? «Io spero che accetti e si attenga a un ruolo sotto il coordinamento del premier. Questo eviterebbe una rottura che, in un momento del genere, sarebbe traumatica e negativa per il Paese. Non siamo nel 2005, siamo in una situazione di crisi globale e il Paese deve poter disporre di un ministro dell’economia in sintonia con la linea del presidente del Consiglio».

Quindi, passo indietro sì, ma chi ne vuole la testa a prescindere esagera? «Non credo serva passare dal servo encomio al codardo oltraggio, e mi permetto di usare un’espressione poetica. Troppa gente fino a due mesi fa arrossiva e si piegava a quel che Tremonti appena sussurrava e oggi gli va addosso con i forconi. Questo non mi piace. Ma c’è un problema politico. E lo può risolvere solo Tremonti».

Il referendum elettorale promette di spazzar via il porcellum. Secondo lei si voterà nel 2012 o si riuscirà ad approvare una nuova legge elettorale? «Io credo che la riforma elettorale sia un interesse prioritario. Interrompere una legislatura per una campagna elettorale quando i risultati delle riforme cominceranno a dare effetto sarebbe un grave errore. E per due ragioni: la prima è che renderebbe questi effetti evanescenti. La seconda è che andremo a votare con una legge che tutti, a cominciare dalla dirigenza del Pdl, ritengono una legge non più rispondente alle esigenze dei cittadini. E quindi, esclusa l’idea di un referendum e di andare ad elezioni solamente per evitare il referendum, perchè non provare a fare una buona legge elettorale?»

L’opposizione sembra ritenerlo poco credibile. «Credo che su alcuni punti chiave il consenso di parti importanti dell’opposizione lo potremmo avere».

Una questione strettamente legata a questo è quella delle primarie. Nel Pdl in tanti, da Alemanno a Formigoni, le invocano. «Io sono stato tra i primi a dirlo quando ancora sembravano un tabù. Primarie per tutti. Ovviamente se un domani vi fosse una candidatura alle primarie di Berlusconi, non vedo come Formigoni o altri potrebbero realisticamente correre a candidarsi. Ma se Berlusconi non si candidasse, e la possibilità c’è, servirebbero primarie vere, non come quelle del Pd a Napoli. All’americana, tra simpatizzanti registrati. Una cosa seria».

Torniamo alla cronaca: che ci faceva Lavitola con lei a Panama alla cena con il presidente Ricardo Martinelli? «Molto semplice. Quando si muove il ministro degli Esteri lo fa in un modo formale e non è neanche immaginabile che si possano imbarcare persone che non sono strettamente funzionali alla missione diplomatica. Lavitola quindi non era nella delegazione. Arrivato a Panama sono andato al ricevimento del presidente nel quale, con altre centinaia di persone, c’era anche Lavitola, che aveva una conoscenza pregressa con Martinelli e per questo si è anche seduto al nostro tavolo. E all’epoca non mi pare che ci fossero provvedimenti giudiziari a suo carico».


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