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SIRIA: Il regime terrorizza le minoranze - Diario Italiano

Intervista

SIRIA: Il regime terrorizza le minoranze

«Nel nostro Paese c’è sempre stata integrazione tra le diverse fedi»
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Il regime sta terrorizzando le minoranze: alauiti, ismaeliti e cristiani. “Dobbiamo proteggervi dai musulmani”, dicono, “altrimenti vi uccideranno tutti”. Ma in Siria i cristiani da secoli vivono assieme a noi islamici. C’è sempre stata integrazione». Nel racconto di Jina, giovane musulmana di Damasco, rivive il copione messo in scena da tutti i regimi in bilico che, fedeli al divide et impera , cercano di alimentare conflitti etnici e religiosi estranei a tradizioni antiche di convivenza 

Assieme ad altri attivisti dei diversi gruppi di opposizione al regime di Assad, Jina è di passaggio a Roma, dove ha avuto contatti in Vaticano. A fare da tramite per l’incontro è stato Franco Frattini, presidente della Società italiana per l’organizzazione internazionale (Sioi). I dissidenti, tra cui alcuni cristiani, portano la loro testimonianza di prima mano sulle gravissime violazioni dei diritti umani e della libertà religiosa. «Ho molti amici cristiani – racconta la ragazza – che hanno partecipato alle prime manifestazioni contro Assad. Quando a Homs un cristiano di Damasco, Bassel, è stato ucciso, in tanti volevamo confortare la famiglia, ma siamo stati identificati e bloccati. Ora la comunità cristiana è impaurita dalle bugie del regime. Tuttora però ci sono cristiani che nascondono gli oppositori, anche in chiesa». 

Raghadmidani, un’altra giovane di Damasco, racconta il ruolo delle donne nell’insurrezione: «All’inizio hanno spesso impedito arresti, circondando i militari e urlando. Ora negli ospedali mobili sono le donne che soccorrono i feriti». «La popolazione è contro il regime – dice Tajer Deri, dell’ufficio politico del coordinamento per la rivoluzione – ma senza la comunità internazionale non vinceremo». «Ma non vogliamo interventi militari di terra – puntualizza Raghadmidani – solo che siano fermati i bombardamenti». 

Majed racconta invece come tutto è cominciato: «Diciotto mesi fa dei bambini hanno scritto inni alla libertà sulle pareti della scuola. Sono stati arrestati e torturati. E’ allora che la gente ha cominciato a manifestare pacificamente, ma la polizia ha sparato, poi sono arrivati i bombardamenti. A oggi sono morti 50mila siriani, 500mila sono all’estero, gli sfollati sono qualche milione». 

Nelle parole del dottor Thaer Alshantout, neurochirurgo esule in Arabia Saudita, del partito dei Fratelli musulmani, c’è lo sconforto del medico impotente: «Tre settimane fa ho visitato Aleppo. La situazione sanitaria è disperata, servirebbero 5mila medici, ce ne sono 30. Così l’ostetricia è affidata agli studenti, non solo di medicina, ma anche di arte. Visitavo ogni giorno da 80 a 100 pazienti, per l’80% civili, feriti dalle bombe. Spesso amputavamo. E gli ospedali sono impraticabili: i feriti vengono arrestati, se non uccisi». 

E un popolo che soffre. Ma non dispera. Lo si capisce anche dal saluto al cronista: «Ci vediamo in Siria. Nella Siria libera». 

di Luca Liverani


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